Genova. I tranvieri si fermano e si affollano sotto la sede Rai di corso Europa perché oltre a tutti i problemi dell’azienda AMT, sono due anni che aspettano il rinnovo del contratto nazionale, loro che ce l’hanno ancora. Di seguito la storia di Ivan, in AMT dal 2008, con alle spalle svariate esperienze lavorative, testimonianza utile a comprendere il futuro del trasporto pubblico genovese.
Il 20 luglio del 2008 sono entrato in azienda. In AMT ha lavorato anche mio padre per 33 anni e persino il nonno di mia moglie. In concomitanza con il concorso mi sono sposato, infatti è stata mia moglie a spingermi a partecipare, e dopo averci provato precedentemente con tre concorsi, al quarto tentativo è andata.
Che significa per te che hai lavorato nei trasporti come autista, traslocatore e corriere entrare a lavorare in AMT?
Voler entrare in un’azienda come AMT, quindi semi comunale, per il mondo del lavoro di oggi, vuol dire avere le spalle coperte, con tutti i privilegi: i sindacati, il posto fisso, poter accedere ad un mutuo. La mia scelta è stata ponderata su queste possibilità. Diciamo che da quel momento in poi ho pensato di aver fatto un salto di qualità dal punto di vista lavorativo, infatti oltre all’aspetto del posto fisso, pensavo che nel futuro non avrei potuto sostenere per sempre un lavoro esclusivamente fisico.
Come funziona per chi viene assunto in AMT?
Io sono entrato con un contratto formazione lavoro (CFL), quindi pagati meno e con meno feste, e per mia fortuna, visto che nel concorso non vi erano limiti di età, ed io ne avevo 31, ho potuto firmare inizialmente un contratto da un anno, per poi essere integrato direttamente in pianta stabile nell’azienda. Questo a differenza di chi è stato assunto, come me con contratto CFL, ma al momento del concorso aveva meno di 28 anni, per loro il contratto di apprendistato diventata di tre anni anziché di uno come nel mio caso. In questo momento sono proprio questi ragazzi che se la vedono più dura.
Arriviamo al dunque, com’e la situazione dell’azienda?
Le voci sono parecchie, chi è pessimista parla dei 500 esuberi, impiegati ed autisti, dei tagli di 150 turni nei percorsi collinari che l’azienda vuole appaltare a ditte esterne, della cassa integrazione, chi invece è più ottimista, che magari ha già vissuto nel 2003 lo scorporo di AMI, dice che perderemo qualcosa a livello lavorativo, ma una soluzione si troverà. Tutto si dovrebbe risolvere a gennaio. AMT è un ammortizzatore sociale, servizio pubblico con 50 anni di debiti e di questo passo in attivo non potrà mai essere. Capisco che il pubblico non sia a scopo di lucro, ma i costi ci sono e ci restano.
Cosa non funziona in AMT dal punto di vista di un autista?
Ti faccio un esempio, quante volte si vedono passare gli autobus delle linee 1-2-3, tutti attaccati e vuoti? Questa non è certo una maniera di ottimizzare il servizio. AMT viene pagata a chilometraggio, quindi probabilmente conviene farli andare anche vuoti. Un altro esempio: una volta a fine turno, rientravamo in rimessa con la scritta FUORI SERVIZIO, obbligati quindi a non fermarci, adesso invece quando finisce il turno, dobbiamo mettere la rimessa di destinazione e svolgiamo ancora il servizio. Con questo metodo l’azienda può vantare un maggiore chilometraggio effettivo.
La gestione fallimentare di AMT è opera della commistione di intenti, fra pubblico e privato. L’amministrazione comunale si barcamena da anni, aspettando i soldi della Regione: il trasporto pubblico è una cassa fisiologicamente a perdere, dove i contribuenti iniettano sempre e comunque la propria parte, per un servizio inefficiente e spesso non esaustivo di tutte le esigenze della città.
Il debito contratto attualmente ammonta a 15 milioni di euro, ci si chiede come sia maturato, e aggiungendo i tagli di 20 milioni di euro previsti dalla finanziaria, nel 2011 la situazione va sempre più verso il baratro del fallimento. Il futuro sta nell’aumento dei biglietti e nella diminuzione del servizio. E mentre i lavoratori AMT sembrano sempre più di sovente solo una pedina in un servizio pubblico sempre più allo sbando, la mala gestione punta il dito sui portoghesi e si autoassolve da ogni critica, immune verso chi ne sottolinea l’inadempienza.
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