
L’Etiopia è un paese magico, tragicamente povero e profondamente spirituale, la cui storia recente scorre, come in tutte le periferie del mondo che conta, al ritmo indecente imposto dalle organizzazioni finanziarie mondiali, dagli Stati sovrani e dai protocolli ratificati per l’acquisizione di autorevolezza internazionale. Nel corso dei passati due secoli, tanti paesi in via di sviluppo sono stati infatti affrancati dal giogo militare/coloniale, per essere più comodamente addomesticati alle regole del mercato e alla dipendenza economica. Questo è il neocolonialismo. Neologismo esplicito di relazione asimmetrica. Le elite politiche locali commerciano ricchezze naturali, svendendole secondo i parametri della globalità: lo Stato è sovrano nel decidere come meglio proporsi sulla scena economica mondiale per attirare gli investimenti, i quali, nel lungo termine, dovrebbero poi automaticamente sviluppare la ricchezza del paese. L’Etiopia ha una popolazione di 71 milioni di persone. Il reddito annuo pro capite è di 145 dollari, passeranno anche sulle loro teste i benefici delle globalizzazione?
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