Le immagini mostrate dal TG3 lo scorso sabato notte non mi hanno convinto. I particolari più di tutto. Le inquadrature rivelano gli insorti libici esclusivamente nel momento in cui sparano, mai nel momento in cui il colpo dovrebbe finire a segno. Non ci fanno assistere ai danni verificati. In un frammento addirittura ho notato un insorto provare stupore per lo scoppio provocato da un qualche arnese, anch’esso non inquadrato. Produzione occidentale? Chi lo sa, comunque molto probabile. Non che sia un dettaglio nevralgico intendiamoci, la Nato ha approvato alla luce del sole i rifornimenti a questi ribelli. Questo è.
Guerra da matti. Di Andrea Bodon.
Insomma, un’altra guerra raccontata spizzichi e bocconi, che idea possiamo mai farci seduti comodamente sul divano di una torrida sala d’agosto? Rispetto a sabato, gli eventi si sono mossi velocemente. Molto. Tripoli e Gheddafi sembrano caduti. Leggi tutto “Riflessioni senza titolo.”
Li guardo negli occhi, entrambi. Neri, spauriti, dal buio del mare sembrano due stelle bianche cerchiate di stanchezza. Li guardo negli occhi un’altra volta e non capisco: uno è un profugo, l’altro un clandestino. Le nostre leggi dividono quello che la sorte ha unito. Entrambi approdati sulla terra ferma. Entrambi in fuga. Uno è profugo, l’altro clandestino. Leggi tutto “Senso comune.”
I tumulti per un cambiamento democratico che sconvolgono i paesi dell’area sud del Mediterraneo, sono avvenimenti che sembrano far trasalire dal torpore atavico lo spettatore europeo e l’opinione pubblica occidentale che, anestetizzata da anni nell’osservanza dell’atto ambiguo di esportare democrazia, osserva oggi, stupita, come sia tanto diverso quando i popoli scelgano di emanciparsi da soli senza l’influsso di ingerenze esterne.
Gheddafi di Ambra Coniglione.
La scintilla tunisina si stende su tutti i paesi del mondo arabo, dal Marocco allo Yemen, persino in Arabia Saudita, leader dell’autoritarismo nella regione mediorientale, si accendono moti di protesta: il chiodo è caldo e bisogna batterlo. L’intuito evidentemente suggerisce di non attendere oltre, anni di sopportazione sprigionano energie latenti che solo un radicale cambiamento o un massacro popolare, possono arrestare.
Ma per un europeo, abituato alla democrazia (e alla retorica democratica) che rappresentano le immagini provenienti dai paesi arabi? E per un italiano, che la geografia ha collocato in faccia a queste esasperazioni, nell’estremità più sfacciata d’Europa, è possibile trarre delle conclusioni che inquadrino sommosse e rivolte in un contesto di consapevolezza e non di propaganda? E’ davvero difficile.
Per questo motivo Il Secolo 21 si affida alle analisi di due pensatori europei del XX secolo: Simone Weil e Miguel de Unamuno. Le loro riflessioni (esautorate dai doveri della cronaca) hanno il privilegio di parlare, escludendo interessi di causa contemporanei, e unicamente quindi, a scapito della propaganda e a favore di una maggiore consapevolezza. In particolare, i due filosofi approfondiscono uno dei motori chiavi nelle nostre società: il ruolo dei giovani nel mutamento sociale, dalla Spagna di fine ottocento, alla Germania di Weimar, alcuni spunti per comprendere anche l’Italia dei giorni d’oggi e le tensioni del mondo arabo. Leggi tutto “Paesi arabi, il ruolo dei giovani nelle parole dei vecchi.”
Berlusconi e Gheddafi celebrano due anni del trattato d'amicizia italo-libica. Ma a che prezzo?
Una volta un ragazzo iracheno mi disse: “Voi italiani siete gli arabi d’Europa”. Guardando al Mediterraneo si vede un grande lago che durante i secoli ha unito i popoli insediati sulle reciproche sponde. Popoli che durante la storia si sono mischiati, combattuti, rispettati, sino a trovare un equilibrio: una pax mediterranea.
La recente visita di Gheddafi si inserisce pertanto in un contesto meno esotico di quel che si crede e si lascia credere: in fondo la Libia rappresenta la testa di ponte di un mondo, quello arabo, e in senso lato quello africano, ( hic sunt leones) che ha con l’Europa del sud uno stretto rapporto di intenso interscambio. Gheddafi è arrivato in un’Italia alla deriva. Senza prospettive di reali sviluppo, senza la progettualità politica attorno alla quale un popolo può costruire un sogno comune. In questo senso l’Italia diventa effettivamente una provincia remota di un continente che la storia ha relegato ai margini delle posizioni che contano, l’Africa giardino del mondo, depredato nelle sue risorse materiali come nelle risorse umane. E l’Italia, che Gheddafi paventa in via di africanizzazione come il resto d’Europa, è già a buon punto di questo percorso. E non c’è bisogno di riferirsi strumentalmente all’invasione degli immigrati, sulla quale paura gioca l’astuto leader libico: l’Italia si sta africanizzando da sola per colpa degli italiani, che hanno perso il controllo di uno Stato che adesso più che mai li tratta da sudditi sostituendo privilegi ai diritti. Leggi tutto “Italiani, arabi d’Europa.”