Il lamento di Bilel Karkin ai tempi delle deportazioni.

I lager per immigrati istituzionalizzati dalla politica.

In questi giorni a Torino, a Gradisca in Friuli e a Milano si sono susseguiti fatti, eventi, che avrebbero dovuto diventare notizie e non lo sono diventate. Molti immigrati rinchiusi nei CIE/ CPT, in particolare di nazionalità tunisina, si sono ribellati ad una deportazione imminente, essendo sempre più prossima la scadenza dei sei mesi di detenzione, ed hanno inscenato una protesta. Ma se la Busiarda, come chiamano i torinesi il giornale locale, non ne ha parlato, altrettanto hanno deciso di fare, i principali quotidiani nazionali. E questa protesta, simbolo delle contraddizioni sociali del XXI secolo che prendono forma nel nostro paese non ha trovato la dignità di assurgere a cronaca nazionale, con la conseguenza che sempre più lontana si sposta la consapevolezza su quel che i CIE siano davvero in seno all’opinione pubblica italiana. Negli anni ’70 i detenuti salivano sui tetti delle prigioni, la stampa ne parlava e si arrivò ad una riforma che sebbene mai applicata fino in fondo, rappresentava per questo paese uno scatto di civiltà.

In questo torrido luglio invece delle storie di questi nuovi detenuti non interessa a nessuno, l’informazione anestetizzata non valuta importante un lavoro di approfondimento su tale realtà, fatta di scontri con i militari e le forze dell’ordine, fatta di lacrimogeni, evasioni e tentate evasioni, atti estremi e quotidiani di autolesionismo, gesti incommensurabili di solidarietà, mentre proprio questo legame così umano, l’antirazzismo militante, viene raccontato come radicale e sovversivo. Radicale e sovversivo difendere il diritto di ogni persona a non essere trattato come un delinquente perché ha deciso di cercare la fortuna sulle coste di questa pasciuta e decadente Europa.

Per questo motivo il Secolo 21 ha deciso si accogliere il lamento di Bilel Karkin venti tre anni dalla Tunisia.
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Grande madre la CGIL:Intervista a Marco Roverano.

Marco Roverano

In questi giorni di dura lotta all’interno dei CPT/CIE del nord Italia, da Torino a Gradisca d’Isonzo passando per Milano, dove i reclusi reagiscono con disperazione agli accordi presi dagli Stati sulle loro teste per favorire i rimpatri di massa ( tanto cari al ministro Maroni e al suo elettorato), un passo indietro appare necessario, prima degli approfondimenti dei prossimi giorni, per valutare come e quando si sia prodotta questa situazione, e quanto nel mercato del lavoro poggino le basi di una precarietà dai connotati etnici coniugata alla vergognosa mancanza di diritti di cittadinanza: un mix che lentamente porta tutto il mondo del lavoro italiano a confrontarsi con il naufragio della propria dignità. Il Secolo 21 intervista Marco Roverano responsabile sino al 2000 dell’ufficio stranieri CGIL di Genova.

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Sorvegliato speciale. Dissenso e repressione, intervista a Luca Bertola

Il tribunale di Genova oggi decide sul caso Bertola, l’anarchico valdostano, per il quale il questore Piritore e la DIGOS genovese hanno chiesto, secondo la legge 1423 del 1956, un provvedimento di Sorveglianza Speciale. Citando gli atti ufficiali, nello specifico, il questore Piritore afferma di Luca Bertola: “ è una persona che compie reati di particolare allarme sociale che ben evidenziano una forte propensione a non volersi integrare nella società, a non voler rispettare e riconoscere le Istituzioni quali fondamento della convivenza civile […] Egli si scontra contro di esse con atteggiamento violento ed ostile tenendo un comportamento di sfida e di aggressione verso i tutori dell’ordine. E’ per questa serie di considerazioni che si ritiene opportuno proporre il Bertola per la sottoposizione alla Sorveglianza Speciale, nel tentativo di ricondurre lo stesso a parametri di vita sociale che corrispondano alla legalità ed al vivere civile,  limitandolo nelle uscite notturne, nella frequentazione di locali notturni, di persone pregiudicate e di non partecipare a pubbliche riunioni, imponendogli di cercare una stabile attività lavorativa con l’impegno di inserirsi nel tessuto sociale. Si ritiene che la durata della misura non debba essere inferiore ad anni due con l’obbligo di presentazione alla polizia di stato preposta alla sorveglianza almeno una volta alla settimana. Leggi tutto “Sorvegliato speciale. Dissenso e repressione, intervista a Luca Bertola”

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Abitavo a Nervi e adesso sono in un CIE.

Centro di identificazione ed espulsione. Corso Brunelleschi Torino.

A. abitava a Nervi, adesso è in un CIE  a Torino in Corso Brunelleschi dove esiste una di quelle strutture istituite con la legge Turco Napolitano: prima si chiamavano CPT, Centri di permanenza Temporanea, adesso invece l’acronimo è stato traslato in Centri di Identificazione ed Espulsione. La sostanza comunque non cambia, chi si trova rinchiuso lì dentro lo è su base amministrativa, non per un delitto commesso, ma per la semplice irregolarità di soggiorno. Che  però da agosto è diventata un reato.

A. è stato portato in Corso Brunelleschi direttamente dalla galera. Infatti si trovava recluso, dopo aver scontato diverse condanne cumulate per diversi processi, da un periodo di 6 anni e mezzo.

Senza troppi giri di parole questa testimonianza riporta chi ascolta nella dimensione più nascosta di questo paese: la totale inottemperanza dei diritti umani per le persone che non hanno un santo in paradiso. Leggi tutto “Abitavo a Nervi e adesso sono in un CIE.”

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Anti razzismo, sciopero degli stranieri e Primo marzo su Telenord

Sabato scorso sono stato intervistato da Telenord sul futuro e ragione di essere del movimento del Primo marzo. In un momento storico nel quale essere esplicitamente avversi alle norme razziste vigenti è diventato un pericolo da scontare a livello personale, e mentre la solidarietà verso i discriminati è vista dal mondo della politica come una minaccia alla passiva accettazione delle regole, poter raccontare, anche se brevemente, il nostro punto di vista è un’occasione da non perdere.

Partito da Via Cantore, lungo la strada incontro tre ratti di fogna che, incuranti, dei nobili principi che levano la mia azione, mi mostrano il cammino. Penso ad una futura inchiesta su di loro se ci sarà il tempo.

Ricordo, prima del video, i punti sul quale il Comitato del Primo marzo di Genova vuole portare l’attenzione dell’opinione pubblica:

1) Riconoscimento della cittadinanza italiana a chi nasce in questo paese.

2) Allungare i tempi di durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione.

3) Abolizione del pacchetto sicurezza, abrogazione del reato di clandestinità, della Bossi Fini e chiusura dei CIE ex CPT.

4) Guerra al lavoro nero e senza diritti.

5) Diritti di voto amministrativo agli stranieri.

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