I suicidi in carcere? Arma di ritirata strategica. Di Vincenzo Andraous.

Che succede nei carceri italiani, dove agli slogan intransigenti dei giustizieri della politica si sovrappongono statistiche di dura schiettezza? Morti, suicidi, atti di autolesionismo..

Sul carcere è scesa nuovamente una cappa fumogena, una sorta di comando a non  rendere troppo eccessiva la pietà, in fin dei conti è tutto nello stato naturale delle cose, la ferraglia arrugginita  è ben custodita, non vale la pena dedicare tempo e denaro, certo meglio impegnarsi su altri fronti, più redditizi in termini di visibilità e consenso.

Questa è la sintesi su cui poggia l’intero impianto penitenziario italiano, il sentire comune sul carcere, che trasforma il diritto dei principi fondamentali in optional da sbandierare a comodo,  che non interpellano la nostra coscienza, sul ruolo,  sull’utilità, la stessa pena che alberga drammaticamente all’interno delle sue celle.

Disquisizioni, chiacchiericcio ruminante, quasi a voler  affermare che nelle galere non entra nessuno, non ci rimane alcuno, non esistono neppure condanne scontate, non si trovano uomini e donne alla catena, è tutta una bufala raccontata male.

Ora d'aria. Foto di Sabrina Losso.

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Marassi: 19 mesi senza processo, la normalità sconvolgente della giustizia italiana.

Affollati come sardine. Se i detenuti potessero denunciare le condizioni di Marassi, l'illegalità, per una volta, non sarebbe da parte loro...

Il Secolo 21 è fiero di ospitare nelle sue colonne di approfondimento i protagonisti di un tema molto trattato in questo blog: il carcere.  A partire da oggi infatti, verranno periodicamente ospitati i racconti dei detenuti di Marassi, estrapolati dalla rivista trimestrale AREA di SERVIZIO. Nel carcere di Genova infatti, per chi non lo sapesse, è attiva una vera e propria redazione giornalistica e questa collaborazione vuole riconoscerle precisamente l’autorevolezza nel parlare in prima persona delle giornate di questi giornalisti dietro le sbarre. Uno sguardo condivisibile o no, ma certamente un autentico punto di vista interno alle galere nostrane. Buona lettura.

Sono un detenuto che per lentezza processuale si trova da circa 19 mesi nella sezione Giudicabile del Carcere di Marassi, la Iª Sezione.

Ho visto entrare e uscire e rientrare centinaia di ragazzi.

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La scuola italiana fra integrazione e interazione. Di Simohamed Kaabour

Ventidue anni fa, mio padre decise di cercar fortuna in Europa. Capitò in Italia declinando la Francia come paese di approdo perché in quegli anni, la fine degli anni Ottanta, il «bel paese» era celebre per la sua accoglienza. Lì riprese il suo vecchio mestiere e decise di attuare un ricongiungimento familiare. Noi arrivammo a Genova all’inizio degli anni novanta, quando «lo straniero» godeva ancora di quella sua aria esotica e misteriosa. Leggi tutto “La scuola italiana fra integrazione e interazione. Di Simohamed Kaabour”

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Il lamento di Bilel Karkin ai tempi delle deportazioni.

I lager per immigrati istituzionalizzati dalla politica.

In questi giorni a Torino, a Gradisca in Friuli e a Milano si sono susseguiti fatti, eventi, che avrebbero dovuto diventare notizie e non lo sono diventate. Molti immigrati rinchiusi nei CIE/ CPT, in particolare di nazionalità tunisina, si sono ribellati ad una deportazione imminente, essendo sempre più prossima la scadenza dei sei mesi di detenzione, ed hanno inscenato una protesta. Ma se la Busiarda, come chiamano i torinesi il giornale locale, non ne ha parlato, altrettanto hanno deciso di fare, i principali quotidiani nazionali. E questa protesta, simbolo delle contraddizioni sociali del XXI secolo che prendono forma nel nostro paese non ha trovato la dignità di assurgere a cronaca nazionale, con la conseguenza che sempre più lontana si sposta la consapevolezza su quel che i CIE siano davvero in seno all’opinione pubblica italiana. Negli anni ’70 i detenuti salivano sui tetti delle prigioni, la stampa ne parlava e si arrivò ad una riforma che sebbene mai applicata fino in fondo, rappresentava per questo paese uno scatto di civiltà.

In questo torrido luglio invece delle storie di questi nuovi detenuti non interessa a nessuno, l’informazione anestetizzata non valuta importante un lavoro di approfondimento su tale realtà, fatta di scontri con i militari e le forze dell’ordine, fatta di lacrimogeni, evasioni e tentate evasioni, atti estremi e quotidiani di autolesionismo, gesti incommensurabili di solidarietà, mentre proprio questo legame così umano, l’antirazzismo militante, viene raccontato come radicale e sovversivo. Radicale e sovversivo difendere il diritto di ogni persona a non essere trattato come un delinquente perché ha deciso di cercare la fortuna sulle coste di questa pasciuta e decadente Europa.

Per questo motivo il Secolo 21 ha deciso si accogliere il lamento di Bilel Karkin venti tre anni dalla Tunisia.
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Grande madre la CGIL:Intervista a Marco Roverano.

Marco Roverano

In questi giorni di dura lotta all’interno dei CPT/CIE del nord Italia, da Torino a Gradisca d’Isonzo passando per Milano, dove i reclusi reagiscono con disperazione agli accordi presi dagli Stati sulle loro teste per favorire i rimpatri di massa ( tanto cari al ministro Maroni e al suo elettorato), un passo indietro appare necessario, prima degli approfondimenti dei prossimi giorni, per valutare come e quando si sia prodotta questa situazione, e quanto nel mercato del lavoro poggino le basi di una precarietà dai connotati etnici coniugata alla vergognosa mancanza di diritti di cittadinanza: un mix che lentamente porta tutto il mondo del lavoro italiano a confrontarsi con il naufragio della propria dignità. Il Secolo 21 intervista Marco Roverano responsabile sino al 2000 dell’ufficio stranieri CGIL di Genova.

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Morire di caldo, morire di carcere. Che ne pensa il volontariato?

In questi giorni afosi i nervi sono messi a dura prova da un clima ingombrante, umido senza scampo di un sollievo o pausa di refrigerio. Ci si corica bagnati per svegliarsi sudati, mentre sulla fronte si accumula, come su grondaia sfinita, l’accavallarsi di gocce e gocce di fisiologico sfogo. L’essere umano posto in tale contesto meteorologico è portato naturalmente ad essere maggiormente suscettibile quando non apertamente irritabile.

E in carcere? Manco a parlarne, che tanto di carcere e di quel che lì dentro succede al di fuori del risibile spazio concesso sui TG nazionali, a chi interessa poi veramente? In carcere si muore di caldo e si muore e basta. Per questo motivo i volontari delle associazioni aderenti alla Conferenza regionale volontariato e giustizia della Liguria hanno deciso di manifestare la loro sofferenza per una situazione che se ha già oltrepassato il disumano, d’estate trabocca l’animale. L’Italia conta 67.800 detenuti ma solo 44.300 posti/branda e uno spazio a disposizione per ogni detenuto di 3 mq. Dall’inizio del 2010, 23 detenuti si sono impiccati, 6 sono morti dopo aver inalato del gas, 61 sono morti per malattia o per “cause non accertate”.

Dal 2000, 589 detenuti si sono suicidati, 1.688 sono morti in carcere.

Morire di carcere, il carcere in piazza.

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Il razzismo elegante fra le parole. Di Giacomo Solano

In questi anni si fa un gran parlare del fenomeno immigrazione senza sapere veramente di cosa si discorre. Molti giornali, telegiornali e pseudo-esperti raccontano l’immigrazione sbagliando già la base del discorso: chi parla, spesso, utilizza una terminologia erronea e approssimativa in modo da fuorviare l’audience e indirizzare parti dell’opinione pubblica verso una determinata opinione (spesso contraria e discriminatoria verso gli immigrati). L’uso di termini di per sé già carichi di un significato valoriale e di giudizio inficia di fatto la possibilità di un approccio sereno verso i fenomeni migratori: approccio che dovrebbe radicalmente cambiare a partire quindi dalle parole usate.

Già nelle parole cominciano i processi discriminatori.

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Sorvegliato speciale. Dissenso e repressione, intervista a Luca Bertola

Il tribunale di Genova oggi decide sul caso Bertola, l’anarchico valdostano, per il quale il questore Piritore e la DIGOS genovese hanno chiesto, secondo la legge 1423 del 1956, un provvedimento di Sorveglianza Speciale. Citando gli atti ufficiali, nello specifico, il questore Piritore afferma di Luca Bertola: “ è una persona che compie reati di particolare allarme sociale che ben evidenziano una forte propensione a non volersi integrare nella società, a non voler rispettare e riconoscere le Istituzioni quali fondamento della convivenza civile […] Egli si scontra contro di esse con atteggiamento violento ed ostile tenendo un comportamento di sfida e di aggressione verso i tutori dell’ordine. E’ per questa serie di considerazioni che si ritiene opportuno proporre il Bertola per la sottoposizione alla Sorveglianza Speciale, nel tentativo di ricondurre lo stesso a parametri di vita sociale che corrispondano alla legalità ed al vivere civile,  limitandolo nelle uscite notturne, nella frequentazione di locali notturni, di persone pregiudicate e di non partecipare a pubbliche riunioni, imponendogli di cercare una stabile attività lavorativa con l’impegno di inserirsi nel tessuto sociale. Si ritiene che la durata della misura non debba essere inferiore ad anni due con l’obbligo di presentazione alla polizia di stato preposta alla sorveglianza almeno una volta alla settimana. Leggi tutto “Sorvegliato speciale. Dissenso e repressione, intervista a Luca Bertola”

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Archiviato il volo dalla caserma.

Archiviato. Il caso di Farid Aoufi, l’algerino volato dalla finestra della stazione dei carabinieri di piazza Fossatello in pieno centro storico, nel novembre del 2008, è chiuso.

La caserma di piazza Fossatello dove Farid Aoufi ha perso la vita il 6 novembre del 2008

La titolare del procedimento, il giudice Francesca Nanni, recentemente trasferitasi alla procura di Cuneo, non ha avuto dubbi tali da decidere di proseguire le indagini. La versione giudiziaria definitiva sarà dunque quella del suicidio di un ladro con numerosi precedenti penali che in un attimo di raptus e con traccie di cocaina ha deciso di concludere la sua esistenza mezzo finestra. La moglie Sandra, a un anno e sei mesi da quel giorno, ribadisce invece con convinzione la propria idea: “Non ci credo che mio marito si sia buttato da solo, io non mi voglio arrendere. Anche il nostro medico legale ha affermato che i referti non contenevano traccie di cocaina: Farid non era sotto stupefacenti quel giorno. Perché si sarebbe dovuto buttare?”

A questa domanda probabilmente nessuno potrà più dare risposta.

Per approfondimento su questa vicenda:

Stefano Cucchi, Farid Aoufi e i secondini di Teramo. Leggi tutto “Archiviato il volo dalla caserma.”

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I falsi miti sull’immigrazione. Di Giacomo Solano

Il tema dell’immigrazione connesso a quello della sicurezza è divenuto ormai una questione fondamentale del dibattito pubblico.

Sotto questo profilo gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal dilagare della paura verso l’altro e ciò è avvenuto soprattutto in relazione al presunto rapporto fra immigrazione clandestina e aumento della criminalità.

Bisogna, a questo punto, mettere in evidenza come tutto scaturisca dalla violazione del divieto, ingiustificato, di emigrare che porta quindi alla clandestinità e a tutti i rischi che ne conseguono. Inoltre molti italiani sono spaventati dall’attribuzione ai migranti di privilegi e benefici legati all’assistenza del cittadino da parte dello Stato: essi temono che ciò accentui la riduzione dei benefici che essi godono. Ma descrivere gli immigrati come coloro che ci “rubano” il lavoro e ci rendono più difficoltoso l’accesso ai servizi è dare una visione distorta, tendenziosa  e perfino razzista della realtà.

Obiezione è quando dico: questo non mi va bene. Resistenza è quando rendo sicuro che ciò che non mi piace non succederà più. Ulriche Meinhof. Foto di Alejandra Daglio

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