Rinvio a giudizio per il caso Cucchi.

Il tribunale di Roma ha deciso oggi di proseguire nell’accertamento delle responsabilità per la morte di Stefano Cucchi, il giovane romano deceduto il 22 ottobre del 2009 in circostanze ancora avvolte dal mistero. Stefano era stato arrestato il 15 ottobre perché trovato con un modesto quantitativo di stupefacenti e, anche se modesto quantitativo non è forse il termine migliore in questo paese, dove il possesso di stupefacenti è criminalizzato al di fuori di ogni modesto atteggiamento di buon senso, questo ragazzo si trova a transitare attraverso il sistema penitenziario proprio a causa delle sostanze trovate in suo possesso. Stefano Cucchi muore di carcere e di proibizionismo, il secondo lo conduce in galera, il primo, tramite i funzionari coinvolti, pensa ad annientarlo. Senza riguardo alcuno per la vita umana. Il Secolo 21 ha raccolto a caldo le parole di suo padre Gianni Cucchi appena rientrato in casa dal Tribunale.

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Stefano non c’è più. Di Giovanni Cucchi.

Stefano non c’è più. Lo Stato lo ha strappato alla nostra famiglia. La sua unica colpa, oltre al reato ascrittogli, è stata quello di rivendicare i propri diritti: il diritto ad essere trattato dignitosamente dopo aver perso la libertà: negato. Il diritto ad essere assistito dal punto di vista legale, nonostante l’avesse richiesto più volte, in carcere e in ospedale anche attuando lo sciopero della fame: negato. Il diritto ad essere assistito dal punto di vista psicologico e morale, nonostante avesse chiesto aiuto in carcere alla sua comunità terapeutica: negato. Il diritto ad essere sostenuto dall’affetto della sua famiglia, poiché aveva richiesto il colloquio con il cognato: negato. Il diritto ad essere confortato religiosamente, avendo lui richiesto un bibbia, ma nel carcere- ospedale non c’era: negato. Il diritto ad essere curato dai medici come ogni altro cittadino, per le lesioni subite nell’ambito di strutture dello Stato: negato perché semplicemente abbandonato.

Che male aveva fatto un ragazzo di 31 anni, sano, attivo, generoso ad essere ridotto così ?

Stefano Cucchi e sua mamma Rita.

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Parlare di carcere nel Belpaese. Di Fabrizio Dentini.

In Italia, la metà dei detenuti è in attesa di un processo.Foto di Sabrina Losso.

In Italia parlare di carcere e di sistema penitenziario significa  scomodare uno dei principali mostri sacri della società contemporanea, riconoscendo appunto, come mostri sacri, quelle istituzioni pubbliche che grazie alla loro funzione sono considerate dai più inevitabili, scontate e di conseguenza accettate passivamente.

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