Stefano Cucchi decede a Roma il 22 ottobre del 2009. Farid Aoufi cade dalla finestra del terzo piano della stazione dei carabinieri di piazza Fossatello a Genova, il 6 novembre dell’anno precedente. Entrambi muoiono durante la permanenza in strutture statali, mentre le loro vite, l’integrità dei loro corpi, era sotto la responsabilità delle forze dell’ordine.Dal carcere di Teramo giungono le registrazioni di agenti della polizia penitenziaria che discutono sulle modalità con le quali conviene massacrare un detenuto per non suscitare rivolte nella carceri più sovraffollate e invivibili del nostro paese a partire dal dopoguerra. Pare normale discutere in servizio della maniera migliore per sfogare frustrazioni generalizzate in un sistema disumano nel concreto anche se riformista per la legge.
Le foto di Stefano Cucchi, il ragazzo morto ammazzato, mentre era sotto la responsabilità della polizia penitenziaria nel carcere romano di Regina Coeli propongono un quesito all’opinione pubblica italiana, che suo malgrado nel chinare lo sguardo sulle immagini non ha potuto non domandarsi per la prima volta da anni e anni cosa possa succedere quando si è totalmente dipendenti dalle persone che lavorano nelle carceri italiani. Quanti ragazzi come Stefano perdono la vita durante detenzioni che sempre più frequentemente trasformano la certezza della pena in annientamento certo.
Farid Aoufi invece non era italiano, era algerino, e la storia di un algerino che perde la vita mentre è sottoposto a misure di fermo, custodia cautelare o misure di sicurezza smuove ben poco nella società italiana.
Farid viveva a Genova da più di 20 anni, era nato ad Algeri, lavorava come aiuto cuoco e si arrangiava con altri lavoretti, espedienti, furti, borseggi. Non era un santo. Questo non implica che non si debba dare una risposta a sua moglie e a sua madre riguardo le circostanze della sua morte. Il giudice Francesca Nanni a un anno di distanza si trova a valutare l’eventualità di una responsabilità oggettiva di colpevolezza. Gli imputati sono ancora ignoti.

Per rinfrescare la memoria di chi non ha mai sentito parlare di questa vicenda tutta genovese e per chi volesse trarre uno spunto personale di riflessione su questo volo nel vuoto del centro storico, alla luce della morte di Stefano Cucchi, segue la ricostruzione di quel giorno da parte della moglie di Farid e di un suo amico, resoconto raccolto un mese dopo la morte:
Alle 14.30 Farid viene arrestato per furto
Alle 17.30 la moglie giunge presso la caserma di Piazza Fossatello, a chiedere spiegazioni. Il carabiniere presente le risponde che suo marito è accusato di furto aggravato e che potrà vederlo solo il giorno successivo in Tribunale quando sarà processato per direttissima.
Nello stesso momento la moglie sentiva la voce del marito domandare che gli fossero allentate le manette che gli dolevano.
I carabinieri erano in borghese.
La moglie parte e si avvia verso casa.
Prende il treno a Principe.
Alle 19.00, arrivata a Pegli, la richiama un amico dicendole di tornare indietro perché Farid era scappato.
L’amico racconta di essere stato avvisato mentre era nelle vicinanze. Al telefono gli dissero che qualcosa era successo sotto la caserma di Fossatello. Quel 6 novembre pioveva, l’amico arriva sul posto, vede le transenne e il sangue dappertutto, i vestiti di Farid e tanti fazzoletti.
Ore, 20.00/ 20.30 la moglie torna per la seconda volta in caserma. Di fronte alla porta d’ingresso non trova nulla, rinnova allora la richiesta di vedere il marito ed i carabinieri in borghese le rispondono che Farid si trova in ospedale. I carabinieri non forniscono ulteriori dettagli.
Ore 21.00/22.00 la donna arriva all’ospedale Galliera, il carabiniere afferma che Farid non era messo bene e rende la fede del marito alla moglie. Farid quel giorno aveva 500 euro nel portafoglio. I soldi non sono stati restituiti alla moglie, nemmeno il suo braccialetto.
Alle 22.15 fanno entrare la donna in rianimazione dove vede Farid ancora respirare. Era in coma.
22.25 ora del decesso.
Queste le parole della moglie registrate esattamente un anno fa: ” Per me è caduto durante una colluttazione, ci tengo a precisare che ho pagato di tasca mia una perizia legale che ha accertato che nel sangue di mio marito non c’era niente. ( I giornali parlarono di tracce di cocaina).
Eravamo sposati da due anni e non aveva più problemi di documenti, era amato da tutti, voleva bene ai bambini, stava anche per trovare lavoro. La settimana prima di morire aveva ricevuto il passaporto. I carabinieri lo conoscevano bene, ( Farid era molto conosciuto nel centro storico, anche le forze dell’ordine conoscevano le sue attività) non c’era nessun motivo, eravamo conosciuti.
Io non mi arrendo, voglio capire cosa è successo, i carabinieri hanno dato versioni discordanti, una volta era da solo, un’altra hanno cercato di prenderlo, ( mentre in un modo o nell’altro finiva giù dalla finestra) ci hanno trattato davvero male, perché il giorno dopo non hanno spiegato alla madre venuta in taxi da Marsiglia, cosa fosse successo al figlio. Ci sono troppe contraddizioni.
Mio marito era sereno, avevamo un rapporto bellissimo nella zona di Caricamento lo conoscevano tutti come Fabio l’algerino. Al mondo tutti commettiamo degli errori, ma non è possibile che un arresto per furto finisca così. A casa guardo la sua foto e mi sembra che mi sorrida, trovare un avvocato che mi segua è difficile, sono consapevoli di andare contro lo Stato.
Mi sono pagata i 3000 euro per il rimpatrio della sua salma in Algeria, sua mamma ha quasi 88 anni, adesso è all’ospedale.
Da quando è morto nessuno si è fatto vivo, sono sola, senza nessuna spiegazione, il suo passato non c’entra niente, mi hanno trattato malissimo, senza alcun rispetto.
Nessuno in caserma mi ha detto di essere il responsabile della struttura, fornendomi delle spiegazioni.
Il giorno stesso della morte Farid era andato con la moglie alla Commenda in un noto ristorante per vedere se poteva essere assunto, si pensava di provare per il periodo di Natale.
Queste due morti possono benissimo non avere nessuna connessione fra loro, essere esempi della casualità della vita, a un anno di ricorrenza della morte genovese un eclatante caso romano torna semplicemente a far riflettere un’attenzione logorata dall’anestesia alla sofferenza.
Se invece queste due morti rappresentano qualcosa di unitario, insieme alle parole dei secondini di Teramo, che raccontano il bello e cattivo tempo di avere il potere in determinate situazioni e a determinate condizioni,una somma oggettiva, matematica di persone e di storie che non hanno mai avuto una risposta, (e non hanno spesso il potere di porre una domanda) una casualità che diventa causalità, la responsabilità dei fatti deve essere accertata come un’emergenza democratica, velocemente, senza pettegolezzi, la storia insegna infatti, che nel rapporto dell’uomo con qualsiasi organizzazione statale che regoli la sua esistenza, deve essere seriamente preso in considerazione il controllo che l’uomo pone rispetto all’organizzazione e il controllo che quest’ultima svolge nei suoi confronti.
se stefano era mio fratello ,poveri a voi vi avrei aspettato sotto casa,e quello che faceva jeffry damer alle sue povere vittime e niente in confronto a quello che vi avrei fatto,carogne meritate solo di morire,infami che non siete altro,tanto ve potete prendere solo con gli indifesi,tanto ci sara il momento pure per voi, per quanto riguarda le guardie carcerarie di teramo,che tralaltro e uno dei paesi con piu’ cafoni e ignoranti al mondo,questo tipo di gente a cui non si puo rimediare,la ragione si da agli stolti,questi esseri dalla vita mediocre vanno aspettati sotto casa e uccisi di botte davanti ai familiari,cosi si rendono conto che razza di criminali hanno dentro casa,io ho pena ad ammazzare una lucertola ,non farei mai del male nel modo piu assoluto a nessun tipo di animale che vive su questo pianeta,ma gli uomini che abusano del loro potere uccidendo ragazzi normalissimi,mi piacerebbe tagliarli a pezzi e darli da mangiare ai maiali,nessuna pieta’,nessuna pena,come se non l’avessi mai fatto,pensate al paradosso,io sono una persona molto sensibile forse troppo e umanamente ho aiutato tantissima gente,a cominciare dai diversamente abili,dono un sorriso a chi se lo merita,l’italia e la sua incivilta fanno diventare cattive le persone come me,vivo in olanda e tutte queste cose sono fuori dal mondo,impossibile per me vivere in un porcilaio che l’italia,la grande vergogna che provo ad essere italiano e troppa,ma me ne sbatto,l’italia senza tutti questi maiali con a capo il piu grande porco ,pedofilo di berlusconi,poteva essere un gioiello di nazione,magari con una mentalita nord europea era il massimo,e invece ci comandano a bachetta ,un paese dove si muore per 5 grammi di hashish,pero tutta la cocaina che quei maiali al parlamento tirano tutti i giorni e cosa buona,poi i bigottoni se la prendono con la povera gente,naturale se vanno dai criminali veri so dolori,,,tipo quella toia di nicole minetti,presta la macchina a un tipo il quale viene trovato in possesso di 12 kg di cocaina,o dico 12 kg,roba che beccano un tipo normale con quellaroba gli danno l’ergastolo,allora chi sono i criminali,una puttana che prima fa le scarpe a berlusconi ,poi viene messa automaticamente a fare la consigliere…. bo,non so nemmeno che fa quella scema,una cosa la so con quelle labbra gonfie e marce puoi fare solo una cosa,poi se non cianno dai 70 in su ,non va mica bene,fai schifo nicole,che nome da troia,sei guasta,con tutte le schifezze che fai,e che fai fare,ciai 26 anni e gia ne dimostri 50, e inutile che ti ritocchi,non lo sai che tirare coca tutti i giorni come fai tu,invecchia la pelle e brucia il cervello,a quello gia prima c’e l’avevi a bagno maria, ciao stronza se ti incontro per roma ti scattaro in faccia,non vedo l’ora
Buongiorno,
grazie dell’intervento. La situazione è complicata e tragica, capisco la rabbia che ti porta ad infuocare le parole, per lo stato di un paese che potrebbe essere un paradiso e invece è lasciato in mano ad uno stuolo di farabutti senza dio, nel senso di rispetto per l’uomo. Penso anche che non bisogna farsi sopraffare da questa rabbia livida, e che dopo lo sfogo, ci sia bisogno di menti fredde che con la riflessione, scorgano e facciano scorgere tutti i soprusi di questa italietta.
La macchina della Minetti con 12 kg di cocaina, lei a piede libero che prende uno stipendio da consigliera regionale.
Chi altro si sarebbe potuto permettere un trattamento del genere se non la escort più escort di Berlusconi.
E’ quindi vero che la giustizia prenda direzioni differenti per medesimi reati. Una banale constatazione per chi conosce i meccanismi del circuito penale, specchio di una società dove la libertà assume diverso peso a seconda di chi la perde.
Alle spalle della ribalta, intanto, tante storie cercano di non essere dimenticate: Stefano Cucchi, Roma, Aldo Bianzino, Perugia, Marcello Lonzi, Livorno, Stefano Frapporti, Rovereto, questi fra i nomi più noti.
Ma se si sapesse della gioventù che brucia nei carceri: incensurati che si appendono alle sbarre, ragazzi che nemmeno si sentono delinquenti, vite spente dall’accanimento legislativo, altro che accanimento giudiziario contro Mr. Berlusconi.
L’assuefazione al dolore di chi vive, e anche di chi lavora in galera, è un problema reale, attuale, drammatico.
Sarebbe finalmente l’ora di lavare i panni in pubblico, portando l’agonia penitenziaria all’esterno, mettendo in evidenza quanto l’umanità che vive, lotta e muore tutti i giorni in galera sia responsabilità di tutti e non solo degli addetti ai lavori, vedendo nella mostruosità della detenzione e nell’indifferenza che permette che continuino questi abusi, l’anima sudicia e colpevole di tutti noi. Avendo la forza di cancellare leggi come la Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini, per restituire al cielo persone che sotto il cielo possono ancora cercare la loro strada. Si tratta solo di avere opportunità nella vita.