
Può uno Stato essere considerato truffatore dai suoi cittadini? Le ferite di Brescia ancora aperte, la gestione scellerata dell’ordine pubblico, il razzismo istituzionale che si declina con leggi discriminatorie per gli stranieri e il manganello per chi sostiene rivendicazioni egalitarie e di spirito democraticamente inclusivo: in questo momento il clima politico sostiene un approccio ampiamente lesivo dei diritti fondamentali dell’individuo. A maggior ragione se proveniente da un paese estero oppure se cresciuto in Italia sino al diciottesimo anno, poi lo affida alla ruolette della clandestinità. La battaglia che sostiene chi ha meno potere è una battaglia per tutte le generazioni future che avranno il destino di nascere in questo paese, becero, dilaniato e mai stanco di se stesso. E allora, finalmente, nell’atrio della Prefettura di Genova, la CGIL ha organizzato un presidio per esprimere solidarietà ai ragazzi saliti sulla gru per protestare contro una sanatoria che avrebbe dovuto regolarizzare il loro soggiorno e che invece si è rivelata nei fatti soltanto un’azione per fare cassa.
Dove scatta il dolo in un’azione legislativa di questo tipo? Il Secolo 21 cerca di fare un pò di chiarezza intervistando Rachid Khay, dell’Arci di Genova, mentore dell’Ufficio immigrati e Alessandra Ballerini, avvocato, in prima linea nella difesa dei loro diritti.
Rachid, perché la sanatoria è una truffa?

Beh, per vari motivi. Prima di tutto, a monte, ha escluso la gran maggioranza dei lavoratori, sapendo perfettamente che non tutti gli immigrati lavorano come badanti. Nella realtà gran parte di loro lavora in altri settori: edilizia, ristorazione, metalmeccanica e servizi per ricordarne alcuni. Poi hanno fatto pagare 500 euro per ogni pratica (solo a Genova circa 4000 richieste e in tutta Italia circa 350 mila) e addirittura l’INPS ha mandato i bollettini per i pagamenti prima della chiusura delle pratiche. Così hanno incassato i soldi. Alcuni immigrati vedendo i bollettini hanno pensato di aver finalmente concluso il loro calvario di clandestinità e invece diversi di loro hanno poi ottenuto il diniego. Il 40% delle pratiche sono ancora sospese.
Perché sono state bloccate queste pratiche?
Il diniego è arrivato o perché il datore di lavoro non aveva un reddito abbastanza elevato da permettergli un’assunzione: si richiedevano 20 mila euro annui, ma come non aver pensato, in anticipo, al livello di pensioni percepite dai pensionati italiani? Oppure nella maggioranza dei casi tante persone nel loro passato non avevano ottemperato all’invito di lasciare il paese entro 5 giorni dalla notifica dell’espulsione, cioè all’art 14 della legge Bossi-Fini. In effetti non hanno commesso nessun reato dal punto di vista penale, semplicemente sono rimasti in Italia. Se si va a vedere poi, la truffa è duplice: per un verso nei confronti del datore di lavoro e poi ovviamente per il lavoratore.
Quindi la truffa è duplice?
Certamente e poi consideriamo che il Ministero degli Interni era al corrente del numero delle espulsioni pendenti, quindi tutte persone che si sapeva essere in Italia, e, se avesse voluto veramente sanare la situazione, non avrebbe dovuto porre condizioni del genere.
Alessandra, che immagine da di sè uno Stato che promuove un’azione legislativa tesa alla regolarizzazione di lavoratori immigrati per poi soprassedere alle sue decisioni promuovendo di fatto l’esacerbarsi dello scontro sociale?

L’immagine sconfortante è di uno Stato che non è in grado di rispettare le leggi che lui stesso promulga.
Da una parte, ed eravamo nel settembre 2009, ha adottato una legge che prevedeva determinati requisiti proprio per incentivare le persone a emergere dal lavoro nero versando soldi nelle casse dello Stato e poi ha semplicemente cambiato le regole del gioco.
Infatti era stato assicurato, anche alle organizzazioni sindacali, che anche chi aveva l’Art 14, avrebbe potuto usufruire della sanatoria. Poi la circolare di Manganelli esce a gennaio 2010 dicendo l’esatto contrario. Dico di più: il presupposto per la sanatoria era ovviamente di essere clandestino, quindi di essere già in Italia da prima del 1 aprile del 2009. Per chi era in Italia da prima di quella data era molto probabile essere stato sottoposto a controllo dalle forze dell’ordine e trovato non in regola. Ma chi non ha ottemperato all’ordine di auto espellersi lo ha fatto proprio perché sapendo che ci sarebbe stata la sanatoria è rimasto in Italia, come da requisito. E invece è stato punito. E come se con lo scudo fiscale si fosse promessa una sanatoria per i capitali evasi che rientravano dall’estero e poi invece si fossero puniti al momento del rientro.

Rachid, qual’è la situazione qui a Genova?
Le pratiche sono state accolte quasi tutte mentre più o meno il 20% sono state bloccate. Alcune di queste persone sono state addirittura truffate dai datori di lavoro che, sotto pagamento, avevano promesso dei contratti falsi da badante.
Da Brescia a Genova, dopo i recenti fatti è possibile procedere con una sanatoria di nome e di fatto?
Bisogna riconoscere che sul territorio italiano ci sono degli immigrati che lavorano e che devono essere messi in regola se veramente lo Stato ha fra le sue priorità la lotta al lavoro nero e all’economia sommersa.
Chi si è autodenunciato per emergere dal sommerso e adesso trova il suo permesso bloccato cosa dovrebbe fare?
Immagina che oltre tutto non può nemmeno avere i soldi indietro ed è giustamente arrabbiato perché ha creduto nella legalità ed ha creduto di vivere in uno stato di diritto, dove invece è possibile che una circolare di Manganelli, il capo della polizia, stravolga il senso di una legge, anche perché esiste una riserva di legge prevista dall’art. 10 della Costituzione, che ci dice che in materia d’immigrazione il potere legislativo e del Parlamento e non spetta all’esecutivo, né ai ministri o sottosegretari e tanto meno al Signor Manganelli.
