
Confusione. Dubbio. Incertezza. Di fronte a tutto questo la soluzione migliore è non pensarci: la confusione si ciba di sé stessa, e ce lo dimostra ogni volta che una scrivania fagocita un documento importante e noi, cercandolo, aumentiamo questa confusione aggiungendovi quella dei cassetti, poi quella delle tasche, delle borse, fino a scoprire che se avessimo ignorato per un attimo quel documento saremmo scesi in macchina per tornare a casa tranquilli e l’avremmo trovato lì, sul sedile del passeggero. Apro Facebook: è sempre uno specchio della società, una fonte di ispirazione, una raccolta di falsi stati emotivi e frasi fatte. E in fin dei conti, un rifugio sicuro.
Chi è stato multato, chi odia i terroni, chi canta Prévert, chi copia Baglioni. Tutto come sempre; poi un post scuote la mia tranquillità, ricordandomi un dibattito in corso in questi giorni in Senato: ma non voglio, proprio non voglio parlare di quel personaggio che, nonostante tutto, ha monopolizzato il mio ultimo articolo. Passo avanti e scopro che un account facebook su cinque vuole ammucchiare le sue cose e andare via, lontano: già, bello scriverlo a tutti, peccato che nel segreto della vita quotidiana uno su cinque giudichi un’impresa arrivare fino in centro città. Scorro i post, e c’è chi non teme il suo avversario perché sa di essere il migliore, chi ce l’ha con un personaggio del Grande Fratello, anche se sottolinea di non guardarlo mai, e c’è chi si riconosce in una frase tipo “la mia anima è più complicata degli insulti che mi rivolgi tu”.
Cosa penso? Cosa vorrei dire di tutto questo? Ecco, la vostra risposta a queste domande è il mio incipit: non lo so, mi sento di fronte a un dirupo, chilometri e chilometri di caduta che portano al nulla. Eppure scrivo, come se fossi malato anche io di questo terribile morbo: broadcast yourself, stay tuned, be online. È un momento così della mia vita, lo è del Paese o l’umanità in generale è in una fase di transizione e per questo sperimenta crisi e incertezza? Scrivo perché non è il mio mestiere dare risposte, né avrei la saggezza necessaria, ma è un mio diritto parlare di qualcosa che non mi convince. E nulla mi convince. Ma dirlo così esplicitamente vale più che dare mille spiegazioni, perché di spiegazioni ne leggo troppe per troppi problemi, mentre nessuno ammette che il problema è la propria ignoranza. Allora lo grido: io non capisco cosa stia succedendo! Non capisco le strade vuote e le ore su facebook, il silenzio sociale e le valanghe di parole, lo scontento e l’accettazione. Ma io solo so qual è il segreto, io solo ho la chiave che non darò a nessuno: per trovare qualcosa, è meglio smettere di cercarlo!