Modu Faye è un ragazzo senegalese che vive in Italia, in Senegal era il cantante di un famoso gruppo musicale, in Italia ha trovato lavoro come manovale e poi come guardia di sicurezza nei supermercati. Le sue parole schiette e non edulcorate restituiscono ai lettori del SECOLO 21 la corretta dimensione nella quale inserire il dibattito sul tema immigrazione.
Lavoro nero, spaccio, discriminazione legislativa e sogni irrealizzabili. Nonostante tutto l’Europa sembra continuare a essere la meta dei sogni per i giovani africani.
Modu come è stato il tuo impatto con la realtà italiana?
Sono arrivato a Genova nel 2002 e qui ho trovato due miei fratelli, quello più grande e quello più piccolo. Il mio fratello più grande lavorava come guardia alla LIDL, mentre mio fratello più piccolo spacciava. Io ho iniziato a lavorare come manovale e ovviamente in nero. Mi alzavo alle 6.00 di mattina e tornavo a casa alle 17.00. A quell’ora si alzava il mio fratello piccolo. In due giorni guadagnava quello che io facevo in un mese. Alle mie domande rispondeva:” Ti accorgerai che in Italia l’onestà non paga.”
Cosa ti aspettavi di trovare in Italia?
Qui in Italia speravo di trovare lavoro e più apertura da parte della gente. Siccome in Senegal lavoravo con la musica pensavo:” Se ci sono riuscito lì posso farlo anche in Italia.”
Un altro aspetto del problema sta nel fatto che i ragazzi africani, nonostante la realtà, continuino a pensare all’Europa come la meta di tutti i loro sogni. Che effetti genera questa sensazione?
Quando torno al paese i miei fratelli pensano che in Italia si viva bene. Ma loro mi vedono 15 giorni all’anno. Vedono che vado a mangiare fuori e che ho la macchina e per loro il gioco è fatto. Mia madre aveva due cameriere in casa e le ho dovuto dire che non potevamo mica permettercelo. Insomma giù non capiscono che per fare quelle due settimane di vacanza ho fatto 11 mesi e 15 giorni di duro lavoro nelle aziende.
E al tuo ritorno in Italia?
Tornato dal Senegal mi sono licenziato perché ho trovato 618 euro nella busta paga. Mi avevano fatto un contratto nazionale di 40 ore settimanali, sapendo che in verità ogni settimana avrei raggiunto al massimo 25 ore. Con questo trucco le ore mancanti mi sono state trattenute come permessi non retribuiti.
Da contratto avrei dovuto guadagnare 900 euro invece, lavorando 25 ore, arrivavo a 700/800 euro compreso l’assegno familiare. E mi domando come si sono arrangiati i commercialisti con il datore di lavoro per fare buste paghe del genere? Quando ho ricevuto la liquidazione di 2600 euro la metà sono andati in bollette, ma non è finita, infatti non posso nemmeno avere la disoccupazione perché prima di essere assunto grazie alla Prefettura, ho lavorato con un contratto a progetto per sei mesi e quindi non raggiungo i giorni necessari per presentare la domanda. La Prefettura che da le licenze per fare la guardia antitaccheggio ha obbligato i miei datori di lavoro ad assumermi perché con un contratto a progetto non avrei potuto ricevere l’autorizzazione. Tutto è partito durante un mio ricovero in ospedale, in quel momento è risultato che non prendevo una lira pur lavorando.
E la tua famiglia?
Io sono musulmano e tre anni fa mi sono sposato religiosamente con una donna italiana dalla quale ho avuto due figli: Az e Rama. Adesso entro il 30 novembre mi devo sposare legalmente perché in caso morisse mia moglie niente ci lega. Se mi devo spostare con i miei bambini non ho nessun documento che certifichi la nostra unione. Adesso non sto lavorando e se non faccio il documento di matrimonio non posso rinnovare il permesso che scade appunto il 30 novembre. Nel momento in cui sei sposato acquisiti molti più diritti. Adesso tutta la famiglia è a carico mio ma non lo posso dimostrare.
E se ti sposassi dopo il 30 novembre che succede?
Semplicemente, essendomi scaduto il permesso di soggiorno, non potrei più sposarmi. In questo momento sto aspettando la delega, cioè il documento che ti permette di andare in Comune e fissare la data del matrimonio.
Cosa pensi del fatto che per avere dei diritti in questo paese devi sposarti con una cittadina italiana e che nonostante sposato avrai meno diritti di tua moglie?
Questa è discriminazione, è una politica razziale. Le leggi non le fanno per noi immigrati, ma le fanno per loro stessi, anche la sanatoria è stata fatta per le persone che servivano a loro. Quante persone lavorano in nero, nelle fabbriche e nei cantieri, sfruttati a rischiare la vita, e non sono state comprese? La legge non è uguale per tutti, è solo un modo di dire, forse è uguale per gli italiani, ma non per noi stranieri.
E gli italiani come si comportano con gli stranieri?
Ti faccio un esempio direttamente dal mio ambiente di lavoro: la guardia antitaccheggio. Un giorno mentre lavoravo in un supermercato è entrata una donna marocchina con il velo, le commesse hanno avvisato il direttore che c’era una donna sospetta e che aveva qualcosa nel passeggino. Dopo il pagamento è stata controllata e non le è stato trovato nulla. A quel punto la donna è sbottata dicendo che non avevano diritto di comportarsi così con lei che anche guadagnando poco non aveva mai rubato. Lei era una badante, una che pulisce i vostri nonni invalidi e per nessun motivo si può mancare di rispetto a una donna che lavora pulendo quello che gli italiani preferiscono dimenticare. Queste leggi servono solo per chi è al potere, le leggi non vengo fatte pensando a chi vengono applicate, cioè gli immigrati sfruttati, umiliati e costretti.