Nell’ottobre del 2009 intervistai Husein Salah, imam di Genova, in merito al progetto moschea. Quali erano gli antecedenti? Come si sarebbe mossa la comunità musulmana genovese? Quali sarebbero stati gli ostacoli?
Il titolo dell’intervista era: “Prove di un dialogo paritario” nella convinzione che solo le parole pronunciate con reciproca onestà intellettuale, siano da sempre lo strumento migliore per superare divergenze e incomprensioni e soprattutto per riconoscersi quotidianamente come parte di una comunità più ampia di quel che prescritto nei dettami religiosi.

Sono passati 2 anni e qualche mese da quella intervista e a Genova la moschea non è ancora arrivata. Il Secolo 21 chiede perché ad Alessio Piana, segretario provinciale della Lega Nord e capogruppo in Comune.
Perché siete fieri di essere da sempre coerenti contro la moschea?
Non è questione di essere fieri per la posizione contraria alla realizzazione di una moschea nella nostra città. Certo la coerenza in politica è merce rara e siccome sulla questione abbiamo assistito negli ultimi dieci anni a rocambolesche giravolte di molti partiti teniamo a ribadire e ricordare che la Lega nord ha da sempre delle idee ben precise.
Sino a qualche decennio fa le comunità locali italiane dovevano confrontarsi con dei musulmani, oggi invece hanno a che fare con l’Islam. Questa non è una differenza da poco. Infatti se in passato la presenza occasionale di alcuni lavoratori provenienti dal nord Africa non aveva comportato una riflessione su come regolamentarne il rapporto tra singoli individui e comunità ospitante, oggi invece si pone il problema di regolare la presenza di comunità molto numerose che rivendicano a vari livelli il mantenimento di una loro identità culturale contrapponendosi alla nostra.
Ad esempio?
Un esempio può essere la diversa interpretazione del diritto di famiglia fornito dalle norme italiane e dal diritto islamico. L’articolo 29 della nostra Costituzione [NDR. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare] è nato da tre anime culturali (cattolico, laico-liberale, socialista-comunista) ma nessuna di esse aveva dubbi sull’assoluta parità giuridico culturale e sociale tra uomo e donna come proprio elemento essenziale. Oggi con l’avvento delle comunità musulmane non è più così.
Perché secondo lei?
Tali comunità vivono la contraddizione di dover rispettare le norme coraniche e la legge dello Stato italiano. Ad esempio la traduzione della parola famiglia in arabo coincide con il termine harem che definisce un diverso rapporto tra uomo e donna, sottolineando la preminenza giuridica dell’uomo sulla donna. I casi analoghi a questo, dai quali emerge sempre la prevalenza e la contraddizione della legge coranica rispetto a quella del Paese ospitante, sono molteplici.
Le donne in Italia hanno iniziato a contare lentamente nel dopoguerra anche per il loro contributo attivo alla Resistenza. Prima di allora anche nel nostro paese la donna non godeva della parità ed emancipazione della quale gode oggi. Questo è un punto di contatto, negativo, fra la cultura cristiana e quella dell’Islam, ma che ci accomuna. Che ne pensa?
Che se è vero che nel nostro Paese ed in Europa l’emancipazione della donna ha avuto un impulso notevole dal dopoguerra ad oggi il ruolo e la considerazione che le riconosceva la cultura occidentale non è neppure paragonabile alla posizione ancora attuale nell’Islam.
Lei afferma che il termine harem definisce la preminenza giuridica dell’uomo sulla donna. Ma non crede sia simile il reato di clandestinità che definisce preminenza giuridica dell’uomo sull’uomo? Di un lavoratore su un lavoratore nato in un altro paese?
Non vedo proprio la similitudine. La preminenza dell’uomo sulla donna è un fatto culturale assunto dagli islamici come regola giuridica e religiosa. Il reato di clandestinità non pregiudica i diritti fondamentali degli individui ma è uno strumento che rende più efficace, stante l’assetto giuridico normativo del nostro Paese, l’allontanamento e l’espulsione di chi si trova in Italia e in Europa in maniera clandestina e quindi irregolare. Non parliamo poi di lavoratori perché chi lavora nel rispetto delle norme e viene nel nostro paese con tali finalità ha diritto di accesso che è regolamentato e garantito secondo procedure che ormai rispondono a direttive analoghe in tutta l’Europa.
Sul fatto che il reato di clandestinità renda più efficace l’allontanamento ci sarebbe molto da obiettare. Probabilmente rende esecutiva la rimozione di ampi strati di immigrazione, quello si. Ma andiamo avanti con la moschea. Non pensate che il diritto di culto sia un diritto sancito dalla Costituzione?
Non è in discussione la libertà di culto, sancita dalla Costituzione. Quando si afferma che la moschea è un luogo necessario alla preghiera non si dice la verità. Infatti se si esamina quanto avviene nei Paesi arabi si può notare che il luogo destinato esclusivamente alla preghiera è la cosiddetta musalla cioè un generico locale destinato alle funzioni di culto ricavato liberamente in edifici non consacrati (a Genova ce ne sono almeno 6). Altro è la moschea che è luogo politico e simbolico di una civiltà che ha avuto un percorso di 1400 anni in antitesi rispetto alla cultura occidentale. Nel nostro Paese si è costruito un sistema giuridico di rispetto e di complementarità tra la sfera civile e religiosa, non è così nell’Islam. La visione politica, religiosa e culturale è indistinta nella cultura musulmana. La conduzione da parte di una comunità da parte degli imam non separa le responsabilità amministrative e politiche da quelle religiose e culturali. Tale realtà risulta evidente dal concetto stesso di moschea che è il luogo dove si raduna la comunità e non può essere assimilato al concetto di chiesa cioè come luogo consacrato destinato esclusivamente alla preghiera. Per l’Islam l’ “adunata” è la massima espressione di fede e il capo della comunità che fa riferimento ad una moschea rappresenta in sintesi quello che per noi è il vescovo, il sindaco e il preside di una scuola. Un tutt’uno che nella nostra tradizione culturale giuridica e sociale non ha nessuna attinenza con la realtà.
Piazza San Pietro non rappresenta un luogo dove si raduna la comunità cattolica come la musulmana nelle proprie moschee?
Piazza San Pietro è l’estensione all’aperto delle navate della Basilica, una chiesa all’aperto, ma il punto è che il Papa e le altre figure ecclesiastiche dal diacomo al cardinale rappresentano per i cattolici una guida spirituale e un esempio di condotta morale non leader politici, amministratori o autorità di formazione culturale e scolastica. Ci sarebbe da aprire un lungo discorso anche sull’assenza di gerarchia nell’Islam e sulla conseguente indipendenza e quindi mancanza di controllo di ogni imam.
Quindi tutti i ministri che quando vengono a Genova vanno in visita al Cardinal Bagnasco, vengono per ricevere un indirizzo spirituale e non per confrontarsi con un interlocutore politico? Comunque, tornando al nocciolo dell’intervista, quali sono le vostre principali obiezioni alla costruzione della moschea al Lagaccio?
Nel caso specifico del Lagaccio oltre alle questioni di principio che ho cercato di esporre le contrarietà sono anche legate alle aspettative disattese da parte dell’amministrazione comunale che da trent’anni ha promesso e promette agli abitanti di Oregina, San Teodoro e Lagaccio interventi di riqualificazione, strutture, servizi, miglioramento della viabilità, spazi verdi e invece continua a far gravare servitù sul quartiere e aumentare la cementificazione: basti vedere i contenuti del nuovo Piano Urbanistico Comunale relativamente alla caserma Gavoglio e al Palazzo “rosso” delle ferrovie. Inoltre il percorso seguito da parte dell’amministrazione non ha coinvolto tutte le comunità islamiche, prevede assegnazione di suolo pubblico senza gara ad evidenza pubblica e a condizioni anti economiche per l’ente, si rapporta ad una fondazione fatta costituire per l’occasione che è però composta dagli stessi soggetti che fanno parte dell’Ucoii dalla quale il Comune ha chiesto di prendere le distanze.
Di questi tempi, credete ci voglia politicamente più coraggio nell’essere favorevoli o nell’essere contrari alla moschea?
Non penso sia un problema di coraggio ma di ipocrisia. La sensazione è che molti, anche rappresentanti di partiti, siano contrari a prescindere all’edificazione di una moschea in città, ma siccome tale posizione potrebbe essere vista da qualcuno come “politicamente scorretta” allora preferiscono trincerarsi dietro alle questioni più tecniche e specifiche legate a questa o quell’area indicata per l’edificazione.
Lei pensa davvero che le nostre culture non siano assimilabili, come ascoltai dire a un vostro militante [NDR. vedi “Prove di un dialogo paritario“]?
Penso che le nostre culture siano profondamente lontane e lo dico con estremo rispetto reciproco. Credo che nessuna cultura debba essere assimilata da un’altra. Credo nell’Europa dei popoli e nell’Europa cristiana. Mi auguro che chi è presente nel nostro Paese per vivere e lavorare lo faccia nel rispetto delle nostre regole della nostra cultura e delle nostre tradizioni, eserciti liberamente il proprio culto, ma non provi ad imporlo a nessuno neanche partendo da azioni a raggio molto ampio.
Siamo d’accordo che nessuna cultura debba essere assimilata da un’altra, ma perché ha paura che questo possa accadere in Italia e perché una moschea potrebbe rappresentare una minaccia in tal senso? La costruzione di una moschea non è un’imposizione sin tanto che nessuno l’obbliga a frequentarla, o sbaglio?
Nel nostro Paese è in atto una grave perdita valoriale e culturale e questo potrebbe essere un terreno molto fertile per chi invece porta avanti con convinzione le proprie posizioni. Ribadisco, non si può paragonare una moschea ad una chiesa o altro luogo di culto e non è una questione di sito o di “urbanistica” è all’affermazione di una entità giuridico amministrativa e religiosa che non risponde alle nostre regole e non riconosce i nostri valori che sono convinto ci si debba opporre.
Ottime e pacate risposte, dimostrazione che i leghisti non sono la massa di beceri ignoranti che molti vorrebbero far credere. Complimenti ad Alessio Piana per la concreta logica dei concetti e complimenti al sito che pubblica argomenti di grande interesse ed attualità.
Sì ma il problema non è dire le cose pacatamente ma cosa si dice: una cavolata resta tale anche se detta pacatamente…mi sembra che vengano solo riproposti una cozzaglia di luoghi comuni senza una fondatezza (o comunque non viene portata a dimostrazione nessuna prova “empirica”) esempio: che la parola famiglia concida con harem io non ne sono così sicuro (ma potrei anche sbagliarmi però facendo un giro su internet non sembrerebbe o comunque non sembra il termine più diffuso visto che dove ho cercato io non viene menzionato).
giacomo
Ciao Fabri, prossimamente ti manderò un video circa “l’Islam spiegato ai leghisti”, pacatamente, come direbbe Fabio qui sopra, proviamo a spiegare a chi ha paura come stanno le cose… ovvero in maniera molto diversa dall'”islam immaginario” dipinto dal buon Piana, che è comunque “meno peggio” del PESSIMO Edoardo Rixi.
A presto! P.
Ciao Fabri, prossimamente ti manderò un video circa “l’Islam spiegato ai leghisti”, pacatamente, come direbbe Fabio qui sopra, proviamo a spiegare a chi ha paura come stanno le cose… ovvero in maniera molto diversa dall'”islam immaginario” dipinto dal buon Piana, che è comunque “meno peggio” del PESSIMO Edoardo Rixi.
A presto! P.