Paesi arabi, il ruolo dei giovani nelle parole dei vecchi.

I tumulti per un cambiamento democratico che sconvolgono i paesi dell’area sud del Mediterraneo, sono avvenimenti che sembrano far trasalire dal torpore atavico lo spettatore europeo e l’opinione pubblica occidentale che, anestetizzata da anni nell’osservanza dell’atto ambiguo di esportare democrazia, osserva oggi, stupita, come sia tanto diverso quando i popoli scelgano di emanciparsi da soli senza l’influsso di ingerenze esterne.

Gheddafi di Ambra Coniglione.

La scintilla tunisina si stende su tutti i paesi del mondo arabo, dal Marocco allo Yemen, persino in Arabia Saudita, leader dell’autoritarismo nella regione mediorientale, si accendono moti di protesta: il chiodo è caldo e bisogna batterlo. L’intuito evidentemente suggerisce di non attendere oltre, anni di sopportazione sprigionano energie latenti che solo un radicale cambiamento o un massacro popolare, possono arrestare.

Ma per un europeo, abituato alla democrazia (e alla retorica democratica) che rappresentano le immagini provenienti dai paesi arabi? E per un italiano, che la geografia ha collocato in faccia a queste esasperazioni, nell’estremità più sfacciata d’Europa, è possibile trarre delle conclusioni che inquadrino sommosse e rivolte in un contesto di consapevolezza e non di propaganda?  E’ davvero difficile.

Per questo motivo Il Secolo 21 si affida alle analisi di due pensatori europei del XX secolo: Simone Weil e Miguel de Unamuno. Le loro riflessioni (esautorate dai doveri della cronaca) hanno il privilegio di parlare, escludendo interessi di causa contemporanei, e unicamente quindi, a scapito della propaganda e a favore di una maggiore consapevolezza. In particolare, i due filosofi approfondiscono uno dei motori chiavi nelle nostre società: il ruolo dei giovani nel mutamento sociale, dalla Spagna di fine ottocento, alla Germania di Weimar, alcuni spunti per comprendere anche l’Italia dei giorni d’oggi e le tensioni del mondo arabo.

Simone Weil

Per cominciare, durante il suo viaggio nella Germania della Repubblica di Weimar, Simone Weil scrive “La Germania in attesa”. Impressioni di agosto e settembre 1932.

Eccone alcuni passi significativi:

La crisi ha spezzato tutto ciò che consente a ogni uomo di porsi fino in fondo il problema del proprio destino, ovvero le abitudini, le tradizioni, la stabilità della struttura sociale, la sicurezza; soprattutto tale crisi, in quanto non è, in genere, considerata come un’interruzione passeggera nello sviluppo economico, ha chiuso qualsiasi prospettiva per il futuro ad ogni singolo individuo. […]Ma la situazione è tragica non tanto per la miseria in sé, ma perché nessun uomo, per quanto energico, può nutrire la più piccola speranza di evitarla con le proprie forze.

E ancora:

Soprattutto i giovani, appartengano essi alla classe operaia o alla piccola borghesia, per i quali la crisi costituisce lo stato di cose normale, l’unico che abbiano conosciuto, non possono neppure immaginare un futuro che si riferisca a ciascuno di loro personalmente.[…] Nessuno spera di poter conservare o trovare un posto grazie al proprio valore professionale.[…] Quanto a farsi essi stessi una famiglia, a sposarsi, ad avere dei bambini, i giovani tedeschi non possono in generale neppure pensarci.

Il pensiero degli anni a venire è privo di qualsiasi contenuto. L’avvenire immediato non è più sicuro dell’avvenire lontano.[…]Insomma, il giovane tedesco, operaio o piccolo borghese, non ha più un angolo della sua vita privata al sicuro della crisi. Per lui le prospettive buone o cattive concernenti  gli aspetti anche più intimi della propria esistenza si formulano immediatamente come prospettive concernenti la struttura stessa della società.

Ed’è partendo da questa consapevolezza che, nella storia contemporanea, i giovani sono scesi in piazza per cambiare il proprio destino. Semplicemente perché nessuno lo avrebbe fatto al posto loro. In Europa, insomma, il problema del giovane che non riesce a inserirsi nel mercato del lavoro e a diventarne parte attiva e integrante è una costante. Un problema annoso.

Miguel de Unamuno

Ecco come lo descriveva Miguel de Unamuno nella sua Spagna del 1895:

Ecco qui il punto terribile: non c’è gioventù. Ci saranno i giovani, ma la gioventù manca. E il punto è che l’Inquisizione latente e il formalismo senile la tengono repressa. In altri paesi europei appaiono nuove stelle, la maggior parte di esse sono erranti e scompaiono subito dopo la loro comparsa; c’è il galletto del giorno, il genio della stagione; qui no, non c’è nemmeno questo: sempre gli stessi cani e con gli stessi guinzagli.

Si dice che, qua e là, ci siano germi fecondi e vivi, mezzi nascosti, ma il terreno è così pressato e compatto che i teneri germogli dei semi profondi non riescono a rompere lo strato superficiale della crosta, non ce la fanno a rompere il ghiaccio.

L’Italia di oggi è tanto diversa?

Quanti giovani morti nel fiore di questa società, che ha occhi solo per il trito e ritrito, cieca verso quello che si sta facendo! Giudica morti tutti quelli che non si sono iscritti in una delle tante massonerie, quella bianca, quella nera, grigia, rossa, blu…

I giovani tardano a lasciare i lembi della gonna materna, a separarsi dalla placenta familiare e, quando la fanno, disperdono le loro forze nella ricerca di un padrino che li guidi in questa savana agghiacciante.

Sono poche le verità più profonde di quella per cui, nella gerarchia dei fenomeni sociali, quelli  economici sono i primi principi, gli elementi. E il nostro male non è tanto la povertà, quanto l’impegno a esibire quello che non c’è.[..]

Si soffoca la gioventù senza comprenderla, volendola di certo seria e formale; come Dio vuole il Faraone, prima la si assorda, poi la si chiama e, vedendo che non risponde, la si denigra.

Dov’è assente la gioventù manca un vero spirito di aggregrazione, che nasce dal traboccare dalla vita, dal vigore che monta e si travasa. Qui le società nascono ossificate- se nascono-, perché l’asocialità è uno dei nostri tratti caratteristici.

Ecco dunque il ruolo dei giovani nelle parole dei vecchi. Cosa accomuna allora la situazione dei giovani tedeschi di Weimar a quella degli spagnoli di fine ottocento a quella degli stati dell’area mediterranea, paesi arabi ed Italia compresi?

Sicuramente la disoccupazione e la frustrazione nelle aspettative di sviluppo dei progetti personali di vita. Nel mondo arabo però il rapporto fra vecchie guide e nuove forze è diametralmente opposto rispetto alle tendenze demografiche europee. Se in Europa, e a maggior ragione in Italy, il vecchio mondo e il suo inevitabile conservatorismo ha i numeri dalla sua parte, nei paesi arabi tale relazione è rovesciata a favore del nuovo che avanza, nuove forze sociali che chiedono di avere un’opportunità. Sia nel loro paese o tramite l’emigrazione. Un’opportunità che non si può negare a un giovane perché nessuno lo può fermare, nel suo traboccare la  vita. Perché i giovani sono liberi, liberi di cercare la loro strada. Nel loro paese, in Europa e dovunque ci sia uno scampolo di benessere da poter essere ancora condiviso. A qualsiasi prezzo.

Intanto in Italia, ci siamo abituati, i politici fanno melina. La pozza mediterranea in ebollizione, c’è da restar scottati in qualsiasi angolo del Maghreb, terre di despoti che hanno avuto, sino al momento della rivolta, l’appoggio incondizionato dell’UE, Italia in primis, anche nella gara a chi vende e compra di più e poi fa più l’indiano. Armi in uscita e gas in entrata per quanto ci riguarda. Le armi che Gheddafi sta usando sui rivoltosi, sono mady in Italy, come un decimo del gas importato dall’Italia è made in Libia. E mi sovviene anche oggi che l’italiano è considerato arabo europeo dagli stessi arabi. Ma lui stesso continua ad ignorarlo.

Comunque per i più pragmatici, per i problemi concernenti l’approvvigionamento energetico del nostro paese non c’è da preoccuparsi: c’è sempre Putin a garantire gas dall’altra parte degli Urali, per il rispetto dei diritti umani, però è meglio non disturbarlo.

Per chi volesse approfondire gli avvenimenti del mondo arabo nord africano con elementi di prima mano, consiglio un giro nel solito Fortress Europe del bravo Gabriele Del Grande.

Per chi invece conosce l’inglese materiale interessante sulla situazione libica sul sito Libia 17 febbraio 2011.

Sulla Tunisia: Reset Tunisia

Gheddafi visto da Andrea Bodon
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6 risposte a “Paesi arabi, il ruolo dei giovani nelle parole dei vecchi.”

  1. vedo che, fra tutto quello che si sta scrivendo in questi momenti, siete fra quelli che mi hanno fatto leggere un articolo fino alla fine, ciò vorrebbe dire che (almeno per quanto mi riguarda) si avverte una diversità di orientamento giornalistico da parte dello staff del Secolo 21.
    Per questo vi chiedo un aiuto riguardo il silenzio mediatico su quello che sta succedendo a piazza La Kasba a Tunisi da domenica scorsa.
    Tutto dipenderà dall’esito della situazione in questa piazza e nessuno ne parla…
    ci piacciono le notizie sporche di sangue o ci sono poche cose da leggere sennò quello?
    la rivoluzione tunisina continua ed è la prima volta nel sud del mediterraneo dove un popolo contesta al proprio governo vari reati politici civili e penali, le richieste nella piazza dei ministeri sono strettamente politiche.
    TUTTO PASSA PER PIAZZA LA KASBA… DATECI VOCE
    Grazie!

  2. vedo che, fra tutto quello che si sta scrivendo in questi momenti, siete fra quelli che mi hanno fatto leggere un articolo fino alla fine, ciò vorrebbe dire che (almeno per quanto mi riguarda) si avverte una diversità di orientamento giornalistico da parte dello staff del Secolo 21.
    Per questo vi chiedo un aiuto riguardo il silenzio mediatico su quello che sta succedendo a piazza La Kasba a Tunisi da domenica scorsa.
    Tutto dipenderà dall’esito della situazione in questa piazza e nessuno ne parla…
    ci piacciono le notizie sporche di sangue o ci sono poche cose da leggere sennò quello?
    la rivoluzione tunisina continua ed è la prima volta nel sud del mediterraneo dove un popolo contesta al proprio governo vari reati politici civili e penali, le richieste nella piazza dei ministeri sono strettamente politiche.
    TUTTO PASSA PER PIAZZA LA KASBA… DATECI VOCE
    Grazie!

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