Nemmeno con un fiore. Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Nemmeno con un fiore. Di Ambra Coniglione.

Madri, mogli, figlie, compagne, le donne della nostra vita. I recenti numeri della giornata mondiale contro la violenza sulle donne sono lo specchio bestiale nel quale cercare le risposte circa lo stato in cui si trova la società italiana del XXI secolo, nel rapporto che coinvolge i suoi componenti a livello di genere.

Maschi e femmine. Uomini e donne. Una chiave di volta che  sottolinea con nuova luce il tanto discusso concetto di crimine e di sicurezza e le loro relazioni intrinseche con i tratti più peculiari di questa società.

Madri, mogli, figlie, compagne, le donne italiane (oltre lo stereotipo della mamma prima di tutto) sono vessate, umiliate, violentate e aggredite con una frequenza quotidiana inesorabile, sbalorditiva e soprattutto, spesso e volentieri, se non socialmente tollerata, nemmeno inquadrata nel corretto contesto di riferimento e quindi pericolosamente sottostimata alla percezione dei più. Nella guida sull’informazione sociale pubblicata dalla Agenzia Redattore sociale nel capitolo dedicato a questo feroce fenomeno si legge:

Sono ben 6 milioni 743 mila le vittime di violenze fisiche o sessuali nel corso della vita e 482 mila le vittime di stupri. Un milione e 400 mila ragazze violentate prima dei 16 anni, quasi sempre dal partner o da un parente. Solo nel 6,2% gli autori sono estranei, soprattutto per quanto riguarda le molestie.

Il nucleo fondante del problema sicurezza, lo confermano i numeri, è uno solo: la violenza domestica. La Famiglia,  luogo di violenza. Violenza fra coniugi, fra genitori e figli, fra compagni e fra ex amanti. La violenza silenziosa della famiglia perché, essendo il luogo supremo del privato, considerato sacro, diventa inaccessibile all’esterno e ciò che si consuma al suo interno viene celato con lo schermo del gruppo, la madre che non parla, la figlia che non denuncia il padre. Non si rivela la violenza subita: a livello italiano solo il 7,3% effettua una denuncia contro il familiare maltrattante.

Ma che significa questo, guardando in faccia la realtà, grazie alla violenza dei numeri che ce la raccontano? Le nostre donne sono insicure e siamo noi stessi a rappresentare la fonte primaria del loro malessere a livello fisico e psicologico. Per non parlare poi dei danni causati dalla violenza assistita, di chi è presente all’episodio di maltrattamento e che può sviluppare modelli relazionali futuri basati su questo trauma, in particolare se ripetutosi nel tempo.

Violenza crea violenza. Di generazione in generazione.

E ancora sul rapporto di genere e sull’accettazione della violenza:

Un milione e 150 mila è il numero delle donne vittime di violenza negli ultimi 12 mesi. Il 93% delle violenze subite da partner non sono denunciate. La quota di sommerso da il senso del  fenomeno.

E veniamo a Genova, città dei diritti, come si fregia il Comune in ogni occasione pubblica.

Secondo i dati dell’UDI, associazione storica nella difesa delle donne da queste forme di violenza, dal 1997 al 2009, in dodici anni quindi, sono state 3894 le donne che si sono rivolte al loro centro per essere aiutate e consigliate per uscire dal cortocircuito familiare. Sono state poi, 1924 le consulenze legali e 1187 i numeri dell’assistenza psicologica.

Se la violenza familiare genera con difficoltà una ricerca di aiuto, quando se ne materializza il bisogno, gli strumenti per venire incontro concretamente a chi lo richiede, sono le strutture protette, residenze anonime dove chi lo decide può cominciare a guardare a se stessa e ai propri figli, oltre l’orizzonte della violenza.

In particolare a Genova dal 1999 al 2010 sono state ospitati in residenze protette, case rifugio ad indirizzo segreto, 125 donne e 135 minori.

Dal 2009 però, la convenzione con il Comune di Genova, nonostante gli importanti risultati raggiunti in termini di offerta e credibilità, guadagnati negli anni grazie alla presenza nel territorio e alla reale competenza, ha  subito una variazione che ha comportato una riduzione del 44% sull’orario di apertura al pubblico. Si auspica che nel futuro, compresa la portata delle conseguenze di sottrarre tali risorse a un gruppo di specializzazione formato dall’esperienza diretta, gli assessori di competenza decidano di ripristinare la totalità del servizio.

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