L’articolo di Damiano De Gregori pubblicato lo scorso 21 marzo ha suscitato nei nostri lettori due commenti in particolare. Commenti di due padri che hanno perso il proprio figlio. Opinione pubblica non silente. Il primo Giuliano Rasman ha perso il suo Riccardo in circostanze poco chiare, in seguito all’intervento presso il domicilio privato delle forze dell’ordine, chiamate per il rumore causato da alcuni petardi. Il secondo, Mario Comuzzi, ha perso il suo Giulio in seguito, alle da lui riferite, negligenze del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. La biopolitica, l’incidenza concreta nella vita quotidiana delle pratiche di potere si palesa in queste testimonianze disperate. Per questo motivo Il Secolo 21 decide oggi di pubblicare le parole di Alice Banfi, pittrice, con una lunga esperienza nei reparti della salute mentale milanese. Uno sguardo interno ai meccanismi psichiatrici che punta a rispondere alla domanda: “Che ne è della psichiatria italiana e della riforma Basaglia?”Partiamo dalla contenzione. Quando ti legano al letto per non nuocere a te stessa e al prossimo. Alla luce della tua esperienza decennale che incidenza ha la contenzione come metodo di trattamento?
Il 25% dei reparti pubblici di psichiatria dichiara di non praticarla e questo dimostra che può non essere utilizzata. La parte restante invece, chi più chi meno, la utilizza. Da parte di chi lotta per una vera salute mentale la contenzione non è mai giustificata perché viola la libertà dell’uomo: la libertà del proprio corpo.
E poi bisogna anche dire che è illegale che un infermiere leghi una persona, perché non è nei suoi compiti: queste purtroppo sono ancora pratiche manicomiali, lasciti della vecchia cultura. Ci deve essere un servizio di guardie giurate che si occupa di questi aspetti, sono molto più dignitose le manette che stare legati ad un letto magari tutta una notte nelle proprie urine come è successo a me.
Fra i vari dispositivi con i quali si risponde al problema della salute mentale, dove si verificano le conseguenze di un ricovero che permane ancora improntato alla logica del manicomio rigettata dalla riforma?
Il problema non è il luogo il problema sta nelle persone. Si sono chiusi i manicomi ma nella maggior parte degli operatori è restata la vecchia mentalità del malato mentale come emarginato, escluso, reietto senza diritti. Il manicomio è rimasto nella testa e nelle pratiche che si continuano a riproporre e si tratta il paziente di conseguenza, la contenzione è solo l’aspetto più eclatante e quotidiano, ma parliamo pure anche di perquisizioni, di requisizione degli oggetti personali, in nome della sicurezza si priva della libertà la persona ricoverata. Ai tempi di Basaglia si diceva che la libertà era terapeutica, la vera cura era restituire al paziente un livello accettabile di umanità perduta.
Ci sono cliniche private convenzionate con il servizio pubblico dove si arrivano ad avere 250 persone ricoverate. Questa è un’istituzione totale perché non è un luogo a misura d’uomo. Sulla carta in un reparto pubblico non dovrebbero esserci più di 15 posti letto, mentre nel privato non esistono queste restrizioni.
Anche in SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) si dichiara solitamente un numero di posti letto, poi nella pratica i posti sono di più.
Si potrebbe pensare che la riforma non prevedeva lo sviluppo attuale del fenomeno malattia mentale e quindi che è naturale che in SPDC vi siano più posti letto, cosa ne pensi?
Innanzitutto in Italia è assolutamente trascurata la prevenzione, l’SPDC poi, dovrebbe essere soltanto un momento per le acuzie, i ricoveri sono troppo lunghi, anche se la legge fissa dei limiti, nella pratica ho visto persone ricoverate per mesi. In psichiatria la legge rimane solo sulla carta non c’è chi controlla. Il controllore controlla se stesso. Se mi si dice che la richiesta è più alta di quanto poteva prevedere la riforma, rispondo perché il Dipartimento di Salute mentale è aperto solo 5 giorni su 7 durante gli orari di ufficio? Sabato è Domenica la gente sta meglio? La malattia mentale è come le altre malattie, non va in vacanza. Anzi chi soffre di questi problemi, nel fine settimana quando gli altri stanno meglio, sta peggio: soli ed isolati. Invece di garantire un servizio sulle 24 ore i centri di salute mentale hanno orari inadeguati e a questo punto le persone si vanno a ricoverare, o si fanno ricoverare.
Responsabilità penale e malattia mentale, cosa ne pensi degli ospedali psichiatrici giudiziari, di cui ha parlato la scorsa domenica Iacona su Presa diretta?
Uno dei problemi con cui ci si scontra è la responsabilità delle azioni del paziente. Se un ricoverato lasciato libero scappa e finisce sotto una macchina il responsabile è il medico. La nostra lotta è di riappropriarsi delle nostre responsabilità, se faccio qualche cosa pago come gli altri cittadini, voglio andare in galera, non in manicomio criminale che tra l’altro è un posto di gran lunga peggiore. L’ospedale psichiatrico giudiziario è l’istituzione totale all’ennesima potenza: manicomio più carcere. La pena in OPG è sino alla guarigione non ha un termine e c’è chi non ne esce più.
Aggiungerei su questa riga che la proposta che il ricovero coatto, TSO, si possa fare oltre che in struttura pubblica anche in una clinica privata convenzionata è un passo indietro mostruoso: è chiaro che il privato più stai dentro più ci guadagna, questa logica è completamente contro lo spirito basagliano di segregare la malattia mentale il meno possibile e di portare il più possibile il malato fuori dai reparti.
Chi sono gli utenti del servizio di salute mentale?
Utente è una parole del cacchio che non vuol dire niente. Viene usata soprattutto nei convegni fra tecnici per parlare di persone con disagio mentale. La parola stessa denota un distacco su cui si fonda la possibilità di diagnosi, un modo per vedere la persona come un oggetto di analisi e non come un soggetto portatore di esigenze. Adesso io sono un ex utente, per la logica in questione, infatti un utente non guarisca mai, non si affranca mai dalle logiche assistenziali. I pazienti quindi sono persone diversissime fra loro come diversissime fra loro sono i “ normali”, tutte le età e tutte le classi sociali. Bisogna scindere il problema della pericolosità sociale dalla malattia mentale, il malato mentale è rappresentato come una persona potenzialmente più pericolosa, ma non è così, perché i giornali non titolano mai: “Sano di mente assassina la madre?”. Questi meccanismi si usano solo con i malati mentali, gli ex detenuti e con gli stranieri. E chi segue le notizie viene influenzato nella percezione del prossimo. Il folle è pericoloso come ogni altra persona e ha la stessa probabilità dei sani di delinquere.
Che dire dei Dottori del centro di salute mentale di Domio? Riccardo era in cura da loro per 14 anni , e basterebbe analizzare la cartella clinica per rendersi conto di come valutavano la famiglia e Riccardo come lo hanno curato ,con quali medicinali loro pensavano di curarlo, senza tener conto della loro indifferenza e dei loro ricatti , dicono che i veri Dottori sono tali quando si preoccupano dei loro pazienti quando stanno male ,ma a loro questa asserzione non incalza minimamente , questi non sono dei veri dottori perchè non si sono mai preoccupati della salute di Riccardo a loro dava fastidio quando la famiglia voleva chiedere il loro aiuto o voleva parlare con loro , tanto che vedendo che Riccardo peggiorava la famiglia lo portò a curarsi fuori Trieste diverse volte ,fino a quando questi dottori gli dissero che non doveva andare fuori provincia a curarsi se voleva avere le medicine , gli cambiarono medicinali cosi’ stava sempre peggio ,e di conseguenza dissero ai famigliari che se recava difficoltà di denunciarlo perchè cosi’ funziona la costituzione Italiana , la preoccupazione della famiglia per la salute di Riccardo la valutavano come un affronto nei loro confronti ,ci chiediamo se questi sono VERI Dottori? Non possono esserlo la loro preoccupazione il loro fine non è quello di aiuto ma di condanna la famiglia e il malato , con i medicinali che gli davano avrebbe dovuto man mano stare meglio ,come quando si curava fuori Trieste invece come risulta dalla cartella clinica gli davano medicine da cavallo per far star male chiunque . Perchè lo curavano in questo modo ??? Senza nessuna pietà per la condizione che questo recava a Riccardo e alla famiglia , il loro obbietivo era di allontanarlo e di rinchiuderlo in qualche posto, e per questo anche che lo volevano allontanarlo dalla famiglia assegnandogli cosi’ un monolocale ,loro pensavano di averlo in pugno e di fare di Riccardo quello che ritenevono opportuno ,ma questo loro disegno non ha funzionato perchè Riccardo non andava quasi mai in quel monolocale da solo ma era sempre accompagnato dai suoi, quell’estate 2006 repetutamente continuavano a insistere di denunciarlo alla polizia , ora sappiamo perchè ! Perchè Riccardo avrebbe avuto un processo per stato di ebrezza il 2-ottobre-2006 a insaputa di Riccardo e della famiglia , come mai hanno tenuto nascosto questo processo””???? ,Riccardo è morto senza saperlo ,la famiglia lo ha coperto dopo 2 anni e mezzo , ci viene da pensare che era falsamente una montatura, chi ha creato questa montatura ‘???? Chi ha scritto il biglietto di minaccia ”???? E STATO un avvocato che ce la aveva a morte con la famiglia. Riccardo non è stato mai ubriaco, QUESTI bravi dottori sapevano tutto , dato che dell’Acqua disse in seguito che se non succedeva nel 1999 l ‘intervento della polizia questo non sarebbe successo, allora molti dovevano vendicarsi e loro sono stati complici , sapevano e per questo che al 10 -luglio-2006 dissero alla famiglia che domani verremo con la polizia e lo porteremo via cosi’sarà finita una volta per sempre !!!! La famiglia ribadi che li avrebbero denunciati ,come loro si permettono di fare questo,il loro intento era di far pesare ancora di più la situazione di Riccardo al processo del 2-ottobre- volevano fargliela pagare di tutto dato che l’imputazione dimostrava che era recitivo ,ora era il tempo che pagasse tutte le condanne sospese ,non ci sono riusciti neppure al 2-ottobre- non sono riusciti a portarlo in carcere .Cosi’ hanno pensato di fare in un altro modo ,dato che il custode Pollanz lavora per loro. Quella fatitica sera del 27 ottobre 2006 il custode chi avrebbe dovuto chiamare per prima cosa i dottori o i poliziotti?? per logica se Riccardo era seguito da Domio e il custode Pollanz lo sapeva , sapendo che era un paziente di Domio e facile trovare la risposta logica , lo fece’??? Misero una bottiglia di vino vuota fuori dalla porta per far credere che era ubriaco ,il custode disse che era sempre ubriaco ,il giorno dopo fece rapporto al CSM di Domio di cosa era sucesso la sera prima ,che Riccardo aveva bevuto , diteci voi se non lo sapevano del processo’??? L’ aptosia dimostrò che non aveva nel corpo nessuna sostanza . Dopo qualche mese quando siamo andati a chiedere la cartella clinica il Dottore Colucci diede alla famiglia Rasman una cartella non autenticata da Dell’Acqua e tanti fogli solo con numeri ,aveva nascosto tutto il contenuto scoperto in seguito avendo ricevuto una seconda cartella clinica da Dell’Acqua stesso, cosi tutto si spiega , dovevano nascondere i fatti almeno chi era a conoscenza della TRAMA.
gli pschiatri sono dei bastardi, lasciatemelo, non vogliono fare fatica per aiutare un essere umano, ci vuole sforzo e un po di fatica, ma loro non vogliono sprecarsi sono seppelliti da denuncie per cui non pagano mai, un contadino per avere il grano deve avere la zappa e vangare e seminare e coltivare il terreno, ecco loro sono all’opposto seminano vento e raccolgono tempesta sono anticristiani, nel senso che trattano non cristianamente una persona, sono a mio dire persino legati col diavolo, se questo esiste inteso come male, e tutti cosi, e un andazzo che fa venire la nausea ne troverai uno o due diversi ma che non sono alle asl, io ne ho trovato uno che ammette e sa che schifo c’è alle asl ma è privato. Maria
Cara signora Maria,
generalizzare non è mai di aiuto a comprendere le questioni complesse come questa.
Sicuramente la psichiatria lavora in un campo molto sensibile, quello dell psiche umana, per cui è evidente che le difficoltà siano molteplici. Intanto stabilire come, quando e perché una persona ha problemi mentali e quali siano i metodi più corretti per risolverli o attenuarli. Penso che il pensiero basagliano ponesse al centro di questa problematica il malato, in quanto persona, alla quale andavano corrisposti degli stimoli umani, sociali se si voleva ricevere qualcosa che somigliasse e tornasse a somigliare all’umano. Basaglia ci spiega quanto della malattia mentale abbia origine nella società in cui si è cresciuti e come sia troppo semplice ridurre il tutto a una disfunzione individuale. Questo è molto importante a mio parere. Per quel che riguarda l’astio nelle sue parole le chiederei di condividere la sua esperienza in merito per permetterci di contestualizzare le sua affermazioni.
Cordiali saluti
Fabrizio Dentini
si non bisogna di fare di tutta un erba un fascio, sono d accordo con l’ ideale di Basaglia, quello che rimprovero agli pschiatri e di non chiedere aiuti allo stato per i loro pazienti, di non battersi per loro come fece Basaglia, in realtà come si fa a curare, ora dico una cifra approssimativa, 500 utenti nel territorio con 10 pschiatri, solo tre auto e 8 infermieri? La salute mentale ha troppo poche risorse e troppi malati nel territorio.Cordiali saluti maritre
E’ purtroppo un dramma del nostro tempo vivere in uno stato che non riesce a farsi carico in maniera adeguata del cittadino in stato di bisogno in questo caso, per problemi psichici, e delle famiglie che si trovano a dover affrontare con i propri mezzi situazioni davvero difficili da gestire. Allo stesso tempo in Italia è pieno di giovani psicologici senza impiego mentre la sanità pubblica non assume. Consideriamo tra l’altro che la malattia mentale non è un tema circoscritto, ma diffuso in tutti gli strati della società, individui spesso soli, spesso isolati non riescono a raggiungere per se stessi un livello accettabile di esistenza e percorrono giocoforza le strade dell’abbruttimento quotidiano. Basaglia prevedeva di chiudere i manicomi e allo stesso tempo di agire a livello di comunità, con un’assistenza psichiatrica che usciva dall’istituzione totale per entrare nelle case. E nelle dinamiche familiari. Purtroppo questo progetto è rimasto inespresso ed è stato abbandonato senza averne valutato gli eventuali effetti nel lungo termine. Si è scelto di osservare senza intervenire. E’ finché la tendenza attuale di sorvegliare con dispositivi tecnologici, ad esempio la videosorveglianza, piuttosto che investire nella dimensione umana, intendo in presidi sociali e assistenti sociali e con personale formato per affrontare con risposte adeguate il disagio psichico, la soglia del disagio sarà sempre più diffusa e immersa in un sociale lasciato a se stesso senza la sfida di poter giovare al prossimo grazie alla conoscenza acquisita in anni in cui la psichiatria aveva raggiunto (e riconosciuto come necessarie) delle preziose premesse umane.