Il velo e il corpo della donna.

In questa Italia di esperti e di portavoce dei diritti delle donne, in questa Italia dai buoni propositi e dalle intenzioni altruiste e pseudoumanitarie il dibattito sul velo e non velo ha rappresentato recentemente uno snodo privilegiato sul quale gli esponenti dei diversi schieramenti si sono confrontati.

Ragazza che aspetta il bus.

Per la maggiore, passa l’idea che il velo sia un simbolo di sottomissione della donna all’uomo e in quanto tale, debba essere ritenuto inaccettabile per una società, all’interno della quale, la donna ha intrapreso un percorso di emancipazione dal dominio maschile. Cerchiamo di fare chiarezza su questo argomento ascoltando Nora, italiana di origine marocchine, iscritta all’ultimo anno di ragioneria in provincia di Modena.

Il velo è un argomento che scalda gli animi dei politici italiani, i quali vi scorgono un simbolo di sottomissione, che ne pensi?

Il velo è previsto dal Corano (nella surat an-nour), ma ciascuno è libero di scegliere cosa fare. Si potrebbe forse dire che una suora è stata obbligata ad essere casta e a portare il velo sui capelli? Ovviamente no, è stata la sua vocazione, un qualcosa che ha sentito nel suo cuore, la voglia di amare il proprio Dio. Io ho cominciato ad indossare il velo, o hijaab in arabo, quando avevo 14 anni. Devo dire che all’inizio i miei genitori non hanno approvato molto che lo mettessi, perché dicevano che ero ancora piccola e
che non ne avevo capito il reale significato. Dopo un paio di mesi, però, si sono abituati. Il velo, oggi, per me é l’essenza dell’essere donna, non che chi non lo porti non lo sia, ovviamente, ma per me rappresenta ciò che sono e la mia religione.

Il velo rappresenta ciò che sei, l’essenza di essere donna, cosa intendi con queste parole?

Per “essenza dell’essere donna” intendo dire, che il velo per me non e’ solo un pezzo di stoffa sulla testa, ma rappresenta la mia interiorità, il mio io aggiungerei, e il rispetto che ho nei confronti della mia religione. Il velo non è, e non può essere assolutamente una forma di sottomissione della donna perché, a prescindere da tutto il resto, è una scelta che si fa sapendo di voler rinunciare a tutti quei piccoli piaceri dei quali la donna o la ragazza non può fare a meno. Ciò non vuol dire che si debba vivere come un eremita.

Souad Sbai, presidente delle donne marocchine in Italia, ACMID,  e caporedattore di Al Maghrebiya, mensile in lingua araba rivolto agli stranieri residenti in Italia, afferma che le donna musulmane hanno paura, sono abbandonate a se stesse e non conoscono i loro diritti. Che ne pensi di queste parole tornando al discorso del velo come simbolo di sudditanza?

La signora Souad Sbai, si sbaglia di grosso. Dovrebbe  pensare che la vera sottomissione è rappresentata da tutte quelle donne che esibiscono impudicamente il proprio corpo alla televisione come fossero casse di mele da esporre al banco del fruttivendolo. La sottomissione al genere maschile è rappresentata dal fatto che tutte le veline e letterine, prima di entrare a far parte di quella cerchia famosa, devono “darsi” a chi detiene il “potere”. Questa è la sottomissione. Non chi decide di essere casto per amore di Dio mettendosi uno scialle o un cappello in testa.

Che ruolo hanno gli stereotipi e l’ignoranza all’interno di questo dibattito?

Gli stereotipi ci ammazzano veramente. Piano piano si muore inconsciamente, si perdono tutti quei valori tramandati di generazione in generazione per secoli, perche la moda potrà cambiare, ma i valori, l’onore, il rispetto verso se stessi e il prossimo? Purtroppo il problema non e’ solamente dell’Italia ma del mondo intero. La scelta di indossare o meno il velo e’ una questione personalissima e nessuno, nemmeno i genitori possono imporre ai figli le proprie idee, altrimenti non sarebbe più una sottomissione a Dio ma al genere umano.

Come reagiscono le persone alla vista del velo?

All’inizio, quando lo indossai i primi giorni mi sentivo osservata: la gente mi guardava come se mi mancasse un arto. Ora, per fortuna, molto meno, o forse perché nemmeno io ci faccio più caso.
Succede spesso che quando vado in auto con mia madre e stiamo per parcheggiare la gente si ferma e osserva, come per vedere se tamponiamo o meno. In quei momenti mi viene davvero da sorridere perché penso:” Ma solo perché portiamo una stoffa in testa pensano che i neuroni siano coperti e quindi non funzionino?”
Nora ci offre un punto di vista interno al dibattito,  riporta con i piedi per terra i paladini dei diritti degli altri. La sua testimonianza ricorda esplicitamente che ci sono ambiti dell’esistenza nei quali la regolamentazione legislativa, il voler proibire in nome di valori condivisi, come l’emancipazione della donna, ha un effetto di intrusione in ambiti strettamente personali, in sfere decisionali intime, che non necessitano altra regolamentazione che quella del proprio animo.

Per un approfondimento sul ruolo del corpo della donna nella nostra società:

www.ilcorpodelledonne.net

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