Certe lotte benché riconosciute da tutti pubblicamente come necessarie e fondamentali per lo sviluppo di questo paese sono spesso combattute da sparuti gruppi di cittadini civilmente inviperiti contro il dilagante malaffare che caratterizza l’Italia del XXI secolo. Una di queste lotte è quella contro le commistioni di interessi fra criminalità organizzata e sistema politico.
La criminalità organizzata rappresenta in Italia l’impresa con maggiori proventi e possibilità di sviluppo, quali sono le responsabilità degli amministratori pubblici nel concorrere a creare le basi per questa fertilità economica?
Il Secolo 21 lo domanda a Cristian Abbondanza della Casa della Legalità di Genova: le sue osservazioni sono uno schietto atto di accusa diretto e imbarazzante verso l’attuale status quo genovese e ligure.
Qual è la situazione della criminalità organizzata qui in Liguria?
La mafia nasce per fare affari, spara quando è strettamente necessario e predilige gli incidenti: è tale perché ha un rapporto di infiltrazione o collusione con il potere. In Liguria abbiamo una forte presenza della criminalità organizzata in tutte le provincie dove ha la possibilità di operare in diversi settori: edilizia, forniture, manovalanza e ponteggi, bonifiche ambientali e la partita rifiuti, ristorazione, il commercio e poi infine, quelle prettamente criminali, cioè stupefacenti, racket della prostituzione, tratta dell’immigrazione clandestina e traffico d’armi. Il problema riguarda tutto il blocco di potere che si è instaurato sulla regione, nel Ponente, Sanremo, Imperia, Taggia, le cosche Pellegrino e Giovinazzo hanno contatto con le amministrazioni che in quella zona sono prevalentemente di centro destra, nel savonese ci sono famiglie notoriamente mafiose come i Fazzari, i Gullace, i Fotia che hanno rapporti d’affari con amministratori di centro destra e centro sinistra.
A Genova ci sono famiglie della camorra, di cosa nostra, soprattutto gelesi e riesini e della ‘ndrangheta, fra le quali i Mamone, proveniente dalla Piana di Gioia Tauro (RC) e collegata ai MAMMOLITI di Oppido Mamertina (RC), insediata a Genova, ove è titolare della società “F.lli MAMONE & C. di MAMOME Luigi” aggiudicataria di un cospicuo numero di appalti pubblici (DIA anno 2002 secondo semestre), i Nucera, famiglia originaria di Condofuri (RC) ed insediata a Lavagna (GE), è in contatto con le famiglie reggine RODÀ,PAVIGLIANITI e D’AGOSTINO, e i cui interessi economici spaziano dal settore edilizio a quello alberghiero e molte altre, ma soprattutto la famiglia Fogliani, indicata dalla DIA già nel 2002, dalla Commissione Antimafia e dalla Procura nazionale antimafia, come originaria di Taurianova, attiva e operante a Genova quale soggetto che si occupa del reinvestimento di denaro di illecita provenienza. O la DIA e la Procura nazionale antimafia dicono cose inesatte oppure evidentemente c’è qualcosa che non va.
Parlando di legalità e rispetto delle norme cosa deve fare il cittadino onesto che riscontra delle opacità nella gestione della cosa pubblica?
A primo acchito bisogna che documenti il tutto ed in seguito compia una segnalazione ai reparti sicuri.
Reparti sicuri? Perché non ci si può rivolgere a qualunque forza dell’ordine?
Reparti sicuri significa soprattutto che non abbiano infiltrazioni, che non si pongano il problema di chi siano le persone denunciate e che quindi non si fermino anche trovandosi di fronte a persone con agganci potenti, legate al blocco politico-economico dominante in quel dato contesto.
E quali sarebbero questi reparti sicuri?
Dipende da territorio a territorio. Posso dirti quelli con i quali collaboriamo noi e cioè: Guardia di Finanza ed in particolare il GICO, gruppo investigazione criminalità organizzata, con la DIA, Direzione investigativa antimafia, con i NOE, il Nucleo operativo ecologico dell’Arma dei carabinieri. In generale se un cittadino vuole fare una segnalazione può recarsi da noi e noi facciamo da tramite e filtro verso le strutture sicure.
E le infiltrazioni della criminalità nelle forze dell’ordine sono frequenti?
Ogni indagine, anche quella più recente sugli ortomercati condotta dalla DIA, dalla squadra mobile di Caserta, coordinata dalla Procura Nazionale Antimafia e seguita materialmente dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, mette in evidenza quanto all’interno dei reparti delle forze dell’ordine vi siano delle figure contigue o complici delle organizzazioni criminali. In particolare tutti gli agenti ricattabili, cioè quelli con qualcosa da nascondere, danno la possibilità alle organizzazioni di entrare come un treno ad alta velocità dentro le forze dell’ordine. E’ la permeabilità che ogni falla crea nella struttura di controllo.
Che conseguenze può avere questa situazione sulla percezione della legalità da parte del cittadino?
Il cittadino che vede che negli ultimi 2 anni a una quarantina di uomini della questura sono stati contestati vari e pesanti reati, si domanda perché andare a segnalare in questura? E’ una questione di credibilità. Il vero problema è però che le forze dell’ordine individuano ed espellono i soggetti devianti a differenza della politica e della pubblica amministrazione.
In che situazione è la questura genovese?
Il nuovo capo della mobile da quello che abbiamo visto è una persona valida, come il neo questore, questo però non è un problema facilmente semplificabile, perché bisogna andare a vedere come operano le singole strutture territoriali: se il vertice è estremamente valido o se ci sono validi reparti di eccellenza, ci possono essere comunque delle realtà locali dove a volte traspare quasi una propensione alla connivenza con determinati fenomeni.
Ad esempio?
Il Comando dei Carabinieri di Fegino aveva dietro una situazione devastante relativa allo scalo cargo abusivo delle ferrovie, di fronte l’ECOGE che faceva i suoi smaltimenti irregolari di rifiuti tossici ad esempio a Pegli o nella fascia di rispetto di Prà, e non si è operato per verificare o interrompere tale situazione. Vedremo adesso con il nuovo comandante come opereranno.
Cosa provoca questa inattività?
Secondo le ultime stime sulla ricchezza e sul patrimonio delle organizzazioni mafiose, in questo momento l’economia nazionale è controllata al 50% da loro e dalla criminalità finanziaria. Diviene evidente la capacità di corruttela e di penetrazione sulla quale le organizzazioni criminali possono contare anche nei settori di controllo.
Nella lotta alla criminalità organizzata si ha spesso la sensazione che gli arresti eccellenti siano cronometrati con il timer per soddisfare l’opinione pubblica, mentre la vera lotta è culturale e quotidiana. A che punto è insomma la lotta alle mafie?
Al sud è avanti, è al nord che siamo omertosi. Al nord ci sono ancora magistrati che negano in generale la presenza della mafia, e in particolare la congiunzione con i colletti bianchi, sindacalisti, consiglieri comunali, amministratori, notai, avvocati e commercialisti. A Genova ci sono alcuni magistrati della DDA che negano l’esistenza sul territorio di organizzazioni mafiose, magistrati che dicono che la lotta alla mafia bisogna farla nel momento in cui non mette in discussione gli equilibri politico istituzionali e altri magistrati ancora che dicono che il contesto sociale genovese non sarebbe pronto a sapere che abbiamo la mafia in casa. Poi ci sono anche i magistrati che la mafia la vedono, la conoscono e la combattono, come ad esempio il Dott. Panichi.
Che ruolo svolge l’informazione cittadina nel creare le basi affinché l’opinione pubblica comprenda di avere la mafia in casa?
A livello di giornalisti d’inchiesta ve ne sono molti e preparati, ma lo spazio concesso è estremamente insufficiente rispetto alla gravità della situazione. In questa realtà non esiste la possibilità di dire tutto perché ci sono i condizionamenti degli inserzionisti o rapporti di sudditanza o di amicizia con soggetti dell’attuale blocco politico/ economico che pongono spesso una sorta di autocensura agli editori. Anche lo stesso Grillo nel blog non ha la forza, il coraggio o la volontà di affrontare determinati argomenti, come il ciclo dei rifiuti, gli appalti pubblici o le infiltrazioni sono sempre presentati a livello generico e spesso semplificando eccessivamente.
Cioè la magistratura del nord è spesso recalcitrante a perseguire la criminalità organizzata?
Nel centro nord il maxi processo non c’è mai stato: tutte le operazioni svolte nel nord sono state organizzate dal DDA del mezzogiorno. Poi c’è anche un altro aspetto: la mafia è fatta di segnali che mentre al sud sono compresi, al nord non lo sono, tanto è vero che il grosso delle operazioni vengono fatte, come ho detto, dal sud verso il nord.
Il ramo imprenditoriale della mafia, cioè quella che reinveste e pulisce i soldi, è quasi considerata una “mafia buona”, perché non fa scorrere sangue, mentre invece se da un lato corrompe, compra e soffoca il mercato legale, dall’altro fa comodo per i pacchetti di voti, finanziamenti, favori, opere e servizi a basso costo.
Se ad esempio ECOGE avesse avuto sede a Reggio Calabria, sarebbe stata posta sotto amministrazione giudiziaria, mentre qui, in seguito all’operazione Pandora, continua a lavorare con appalti e incarichi da società di diritto privato come Mediterranea Acque o IRIDE, oppure spostandosi nello spezzino o fino in Emilia. E questo per tornare al discorso di prima, per lo stesso motivo che ha spinto il Procuratore di Modena ad affermare che se dovesse fermare le società riconducibili alle organizzazioni mafiose a Modena, si bloccherebbe l’economia della città.
Tornando all’inizio dell’intervista, in questo contesto che strumento rimane al cittadino che vuole spezzare questo intreccio?
Se l’economia sana e il cittadino onesto non decidono di vincere questa battaglia collaborando con i reparti sani dello stato, nel futuro prossimo i capitali di origine illegittima saranno inrintracciabili. La lotta alla mafia non si vince al sud, finché colpisci esclusivamente la manovalanza non scardini il sistema, che si regge sopra una rete di collusioni legate al potere economico e politico e che ha come base e nuova capitale il nord Italia.
Come giudichi le dichiarazioni di Ciancimino, bufale o credibili?
Ciancimino junior sarà credibile nel momento in cui consegnerà allo stato il tesoretto di Ciancimino senior, alias Don Vito, anziché continuare a fare dichiarazioni difficilmente riscontrabili, mentre con alcune società a lui riconducibili sta realizzando la stessa pratica, con lo stesso metodo di infiltrazione già conosciuto per il metanodotto di Don Vito e i Bontade, nel settore dell’eolico.
Nella lotta alla politica corrotta agganciata alla criminalità organizzata qual è l’aspetto che ti fa più paura?
La mancata reazione sociale e civile a questo sistema che soffoca l’economia e trasforma i diritti in favori, cioè il fondamento stesso della cultura mafiosa: il ricatto. La Liguria davanti alla prova conclamata che l’ndrangheta faceva campagna elettorale per Cinzia Damonte dell’IDV c’è stata una reazione consistente dal punto di vista mediatico nazionale, proteste in tutta Italia e in Liguria silenzio assoluto e la Damonte è sempre pienamente nell’IDV.