Haidi Gaggio Giuliani è la mamma di Carlo. Dopo quei giorni è diventata un personaggio nazionale, è andata in Parlamento e si è battuta e si batte perché le morti di Stato non debbano essere archiviate prima di tutto dall’indifferenza delle persone.
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In quei giorni tanti ventenni come Carlo scesero in strada per manifestare. Cosa li spingeva?
Dunque, premetto sempre che non parlo per Carlo. Suppongo che sia sceso in piazza, come era sceso tante altre volte prima, nel senso che Carlo ancora al liceo organizzava le manifestazioni, era nel consiglio di istituto e poi avendo due genitori che alle manifestazioni avevano sempre partecipato, era logico che Carlo ci fosse in quei giorni. E difatti c’era. Si è fatto tutto il corteo dei migranti e anche il 20 luglio -si è alzato tardi- e poi abbiamo seguito i suoi spostamenti con le foto, con i filmati, con le testimonianze di chi lo ha incontrato. Si vede chiaramente che lui va in giro chiedendosi che cosa stia succedendo.
Poi che succede?
E poi per tutta una serie di casi fortuiti arriva sotto il ponte della ferrovia sotto Via Tolemaide mezz’ora prima delle cinque. Naturalmente aveva già visto piazza Manin, corso Buenos Aires, corso Torino, cioè aveva già visto situazioni allucinanti di gratuita violenza da parte delle forze dell’ordine, infatti assiste e lo vediamo in molte situazioni assistere (Carlo non era certamente per spaccare tanto per spaccare e quindi non rientra in quella logica). E poi naturalmente quanto si tratta di resistere all’ennesima aggressione, lui partecipa a fare quella piccola barricata che c’è all’angolo con Via Tolemaide, alla fine di Via Caffa e poi naturalmente li c’è piazza Alimonda e vede una pistola e non gli piace..
Facendo un passo indietro, che idea ti sei fatta dei NoGlobal? Chi sono, visto che a dieci anni di distanza tanta gente li ricorda come quelli che saccheggiarono e devastarono Genova?
( Ride) In quei giorni a Genova è dimostrato, scritto e ripetuto, che c’era appunto un popolo e un popolo che non è d’accordo con la globalizzazione, con questo tipo di globalizzazione. E che vuole dimostrare il suo dissenso verso le grandi ingiustizie del mondo. Naturalmente ci sono tutti i movimenti possibili, immaginabili. Da Mani Tesi, Rete Lilliput, dai boy scout, agli anarchici, ai centri sociali: è un popolo estremamente vario. Guarda, l’altro giorno, mi ha telefonato una signora che ha tre figli e il più piccolo ha undici anni adesso, quindi allora aveva un anno. Per lui non sono venuti a Genova. Lui ha scoperto da poco di questa cosa successa a Genova dieci anni fa, questa repressione incredibile e che anche i suoi genitori e i suoi fratelli ci sarebbero stati se lui non fosse stato così piccino. Ecco, chi sono queste persone? Non sono certo incalliti vecchi militanti o vecchi comunisti come me, no, sono persone normali che non accettano questo tipo di sviluppo che è stato deciso e scelto e che il mercato ha imposto. E quindi ci sarebbero stati anche loro, cioè persone normalissime.
Sono passati dieci anni di processi. Che opinione ti sei fatta della giustizia dei tribunali?
Intanto dieci anni di processi, ma neanche un processo per Carlo. Perché Carlo è stato archiviato subito senza processo e molti ancora non lo sanno e pensano che Carlo sia stato archiviato in seguito ad un processo. Invece no. E anche il tribunale di Strasburgo ci ha dato torto. Ai punti su alcuni quesiti ci hanno dato torto dieci a sette, e su altri tredici a quattro, insomma ci hanno dato torto ai punti. Comunque rimane che un processo penale vero e proprio, con tutte le testimonianze, con tutte le prove, con gli imputati in aula, con la prova in piazza con la camionetta e con la prova dello sparo, non ci è stato.
Perché?
Io ho una risposta. Soprattutto dopo dieci anni. Perché un processo su Carlo metterebbe allo scoperto una brutta storia del nostro paese; metterebbe allo scoperto che cosa ci fanno i servizi segreti, anche infiltrati in quelle giornate in mezzo ai manifestanti, metterebbe allo scoperto la storia di quella catena di comando che è presente in Piazza Alimonda e che è la stessa catena di comando che è presente in Somalia quando viene uccisa Ilaria Alpi. Sto parlando di Giovanni Truglio, di Adriano Lauro che allora era vice questore. Un processo su Carlo andrebbe a toccare alcune pagine molte segrete, molto imbarazzanti della situazione dei servizi segreti e delle forze dell’ordine nel nostro paese.
Chi porta la responsabilità della morte di Carlo?
Certamente tutte le persone con una divisa che erano in piazza in quel momento. Tu dirai e chi gli sparato? Io ancora oggi non lo so. Perché mi sono convinta molto presto che Mario Placanica, è una copertura per tanti motivi. Poi per carità può anche essere stato lui. Ma in questo caso la maggiore responsabilità c’è l’ha chi gli ha lasciato la pistola, chi gli ha tolto il lancia fumogeni e non gli ha tolto la pistola. Se è stato lui. Io al novanta per cento penso non sia stato lui e vorrei che lo Stato mi dicesse chi è stato. Punto.
E invece a livello politico?
Naturalmente a livello politico saliamo ancora in quanto a responsabilità, perché chi ha gestito le giornate del G8 permettendo e anzi incentivando una montatura mediatica incredibile (vogliamo ricordare le barzellette del sangue infetto o dei manifestanti che avrebbero sparato chissa che cosa) buona giusta per certi giornalacci di infima categoria? Chiaramente le responsabilità politiche ricadono su chi ha gestito politicamente quelle giornate.
Parlando della verità accertata dai tribunali. Ci sono dei punti oscuri e delle situazioni che non tornano alle quale i tribunali non hanno risposto?
Allora intanto non si può mai generalizzare. I tribunali, i giudici, ci sono giudici e giudici. Per esempio le sentenze che sono state fatte su Diaz e Bolzaneto, soprattutto di secondo grado, sono sentenze estremamente vigorose e molto importanti per comprendere quanto è avvenuto in quelle giornate. Avrei voluto avere qualcuno che si occupasse con altrettanta attenzione, serietà e responsabilità di Carlo e della sua uccisione. Quelle sentenze per esempio sostengono che soprattutto per quanto riguarda Via Tolemaide (da cui poi derivano i fatti che portano all’uccisione di Carlo) i manifestanti abbiano reagito ad una violenza immotivata delle forze dell’ordine. E ancora recentemente sono uscite le motivazioni della sentenza su Bolzaneto, i giudici scrivono che è assolutamente ignominioso che persone appartenenti alle forze dell’ordine usino parole, strumenti, atti, di tipo nazi-fascista. Sono parole scritte in quelle sentenze, che però nessuno legge per cui si continua a raccontare la favoletta dei black block che hanno messo a ferro e fuoco la città.
Delle figure che sono emerse in questi dieci anni, quale ricordi con particolare stima e gratitudine e quale invece come un simbolo negativo?
Non faccio nomi. Ti deluderò (ride). Comunque grande stima per tutte le persone che si sono impegnate seriamente ad approfondire e portare avanti un discorso di verità sui fatti di Genova. E grande disprezzo più che rabbia nei confronti di tutte quelle forze dell’ordine che non hanno avuto il coraggio di guardarsi all’interno. Al di la dei delinquenti in divisa che spaccavano teste e facevano cose di questo tipo, anche tutti gli altri che sono stati a guardare ma non hanno mai avuto il coraggio di testimoniare. Ecco questi hanno il mio profondo disprezzo, perché è vero che è importante salvaguardare un posto di lavoro, la carriera già meno, ma ci sono persone che hanno perso la vita, persone che hanno rischiato la vita, persone che hanno riportato danni permanenti per il resto della loro esistenza, e di fronte a questo non ci deve essere carriera che tenga.
Politici, forze dell’ordine, manifestanti. Ognuno in quei giorni aveva le proprie ragioni…
Non si ha mai ragione quando si spacca una testa. I manifestanti, alcuni, io non condivido, hanno spaccato vetrine. Nessuno ha spaccato teste. Eppure chi ha spaccato vetrine o magari non lo ha nemmeno fatto si è trovato accusato di devastazione e saccheggio, anche solo per essere stato ripreso in certi momenti e si ritrova oggi con una condanna dai dieci ai quindici anni.
Allora esiste in concreto una disparità di trattamento fra forze dell’ordine che in appello sono stati condannati, ma nessuno dei quali transiterà per le patrie galere ed i manifestanti?
Non solo non transitano per le patrie galere, ma non perdono neppure il posto di lavoro. Se la Cassazione dovesse confermare le sentenze per Bolzaneto soprattutto e anche per Diaz, magari qualcuno si, ma la patria galera non la vedono. E poi un ragazzo che dieci anni fa aveva neanche vent’anni, viene condannato a quindici anni mentre quattro assassini riconosciuti da un tribunale, i quattro poliziotti che hanno ucciso Federico Aldrovandi, hanno ricevuto una condanna, in quattro, di 14 anni e sono ancora al loro posto di lavoro. Ecco c’è una disparità insopportabile. Da chi dipende? Dai giudici. Ma i giudici a un certo punto sono anche obbligati a fare i contabili e quindi dipende dalle leggi che si trovano a dover usare. Se per un ragazzo che, faccio un esempio ha rubato, o bruciato una divisa di carabiniere, vengono dati 15 anni è perché c’è una legge che dice che per devastazione e saccheggio vanno dati quegli anni lì.
Però c’è una grossa differenza fra incriminare per devastazione e saccheggio piuttosto che per danneggiamento. E poi sulla base di filmati che dimostrano cosa? Spesso solo che tu sei presente.
Certo sono assolutamente d’accordo. Ecco non capisco come quattro assassini possano essere condannati a tre anni e poco più a testa. Cosa che viene immediatamente prescritta. Però io non facendo il giudice non voglio insegnare il mestiere a nessuno, so però che occorrono leggi giuste perché un giudice possa applicare una legge giusta.
Cosa insegna questa giustizia così dispari a un ventenne di allora e ad un ventenne di oggi?
Insegna un senso di profonda ingiustizia e quindi un senso di nessun rispetto e nessuna fiducia nei confronti delle istituzioni. La fiducia nelle istituzioni non si può insegnare a parole. Si può insegnare con l’esempio. Se tu hai persone degne di fiducia che lavorano all’ interno delle istituzioni, certamente anche un adolescente imparerà ad avere rispetto per quelle istituzioni. Se tu hai delle persone di bassissimo livello morale e di nessuna possibilità di rispetto, chiaramente come fai a dire a un ragazzino di dodici tredici anni che lui lo deve avere? Vedi, la mia generazione il rispetto per le istituzioni lo ha imparato poi, conoscendo la Resistenza, conoscendo che le istituzioni erano un regalo di chi aveva lottato per liberare il nostro paese dal fascismo e dai nazisti e quindi il rispetto veniva dal rispetto per la Costituzione. Oggi abbiamo esponenti delle istituzioni che per primi non rispettano la Costituzione. Come fai a dire a un ragazzino: “Guarda che tu hai una delle carte costituzionali più belle al mondo, imparala e rispettala?”
Durante la tua attività parlamentare è esistita una solidarietà per la tua storia? E questa solidarietà si è mai concretizzata in una volontà politica che facesse chiarezza?
Io sono stata eletta perché Rifondazione comunista, alla quale non ero iscritta, mi ha proposto di candidarmi. Io già ero perplessa prima e dopo che ho accettato ero ancora più perplessa (ride), anche perché io mi ero illusa di poter andare in Parlamento e seguire da vicino la commissione di inchiesta sui fatti del G8. Commissione di inchiesta che non c’è mai stata. Per il voto contrario di Italia dei Valori, che inneggia tanto alla giustizia, ma non ha voluto che fosse fatta un’inchiesta seria sui fatti di Genova, per il voto Radicale, mi pare o contrario o per l’assenza del voto Radicale e soprattutto per l’astensione del presidente della commissione affari costituzionali (che doveva preparare il disegno di legge da presentare alla Camera per istituire la Commissione sul G8): Luciano Violante, il cui voto sarebbe stato decisivo, perché il suo voto positivo sarebbe stato sufficiente.
Come parlamentare e come mamma che reazione hai avuto?
Ma non cambia molto. Nel senso che ho capito che non c’era nessuna volontà di fare chiarezza neppure in Parlamento.
Giuliano Giuliani, papa di Carlo.
Perché non c’è stato un processo per la morte di tuo figlio?
Credo che le ragioni per cui non c’è stato un processo siano tante. Intanto la prima questione: è stato il primo fatto di cui la magistratura genovese si è occupata. E lo ha fatto in un clima in cui ancora c’era molta disinformazione, poi indubbiamente chi se ne è occupato ha fatto un lavoro non dignitoso. Perché fidarsi di quanto hanno detto 4 consulenti sul sasso che vola, è una offesa alla logica, alla serietà e all’evidenza.
Poi certamente c’è anche il fatto che in quell’occasione i responsabili erano un pezzo del settore ordine pubblico che gode maggiormente, rispetto ad altri, di una logica di impunità. Sto parlando dei reparti speciali dei carabinieri. Quindi c’era anche il fatto di una catena di comando considerata un punto di grande evidenza nella logica militare per la quale hanno lavorato i reparti speciali dei carabinieri. Voglio ricordare che in Piazza Alimonda ci sono il tenente colonnello Truglio, il capitano Cappello, il tenente Mirante, il sottotenente Zappia, che rappresentano un’élite di comando che era stata impegnata, con gradi minori ovviamente, già a Mogadiscio in Somalia già nel 1994. Tra l’altro erano sulla nave quanto Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stai uccisi. Erano già sulla nave che doveva farli ritornare indietro. E fra le cose delle quale si era occupata Ilari Alpi, come ha più volte scritto in quegli anni Famiglia cristiana, quindi non certo un giornale di estrema sinistra, si era occupata anche del diario del maresciallo Aloi, un maresciallo dei carabinieri che era entrato in contatto con la giornalista e le aveva ricordato che tutto quel gruppo di comando era, o invischiato o quantomeno al corrente, delle violenze sessuali dei carabinieri del Tuscania sulle bambine somale. Quindi insomma una cosa non proprio onorevole.
E dopo la Somalia?
Dopo la Somalia, quello stesso gruppo di comando, ha fatto tutte le cosiddetta campagne umanitarie, cioè le campagne di guerra alle quali l’Italia ha partecipato e cioè il Kosovo, la Bosnia e poi naturalmente l’Iraq e l’Afghanistan. Quel gruppo di comando, il gruppo di elite, come dire messo alle strette, avrebbe dovuto dimostrare che non aveva svolto i suoi compiti in piazza Alimonda. Perché, se può essere vero, ammesso che sia davvero il giovane carabiniere Placanica che spara, che un giovane carabiniere lì si trova impaurito etc etc etc, non c’è nessuna giustificazione per come si sono svolti i fatti da parte di una catena di comando che rappresenta un’elite militare dell’Arma dei carabinieri. Immagino che andarli a toccare sulla responsabilità di quanto accadde in piazza Alimonda, fosse un’impresa.
Ma perché un De Gennaro, che adesso è ai vertici dei servizi segreti, e dunque sembra anche egli un intoccabile è stato processato e condannato e invece questa catena di comando no?
Intanto per una delle cose più negative compiute da Massimo D’Alema quando era al Governo. Ci fu l’assegnazione di quarta forza armata, dopo esercito, marina ed aviazione, all’arma dei carabinieri. Che in base a questo fatto è diventata ancora più potente e ancora più sottratta ai controlli di quanto non fosse prima. Con un livello di autonomia rispetto alla vita civile molto più forte di quanto non ne avesse prima. E quindi dotato di una logica assolutamente militare. Voglio ricordare una frase agghiacciante che disse il capitano Mirante, all’epoca dei fatti di piazza Alimonda solo tenente, quando venne a testimoniare in Tribunale al processo ai 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio (altro delirio della magistratura genovese, per quanto riguarda il mio giudizio). Questo capitano Mirante, interrogato più volte su come bisogna regolarsi nello scontro, continua a parlare di guerra. L’avvocato che lo interroga a un certo punto dice: “Capisco lei parla di guerra perché ha una mentalità giustamente militare, ma qui stiamo parlando di ordine pubblico.” Il capitano Mirante risponde con un’assoluta tranquillità: “ E’ la stessa cosa. Cambiano solo gli strumenti dell’offesa” A mio giudizio agghiacciante che si consideri l’ordine pubblico come guerra è una cosa da delirio.
Anche se chi c’era in quegli attimi non può negare che di guerriglia urbana si trattasse o no?
Allora questa è una cosa assolutamente importante da chiarire. La guerriglia urbana e cioè l’azione di rottura delle pavimentazioni stradali, dei bancomat, delle vetrine, delle automobili- assolutamente, indisturbati, senza che nessuno li ostacolasse- sono cose compiute dai cosiddetti black block, guidati per le strade di Genova da infiltrati delle polizia e dei carabinieri. Non scherziamo più su queste cose: queste azioni le svolgono assolutamente indisturbati dalle 11.30 del mattino sino alle 13.30. Sulle scalinate del forte S. Giuliano ci sono 4 in divisa nera con in mano delle spranghe. C’è una fotografia di una funzionario di polizia con una con la tuta nera da black block.
Quando i centralini della questura e dei carabinieri sono intasati dalle telefonate di cittadini genovesi allarmati, scandalizzati e preoccupati, allora le forze cosiddette dell’ordine si decidono a intervenire e lo fanno contro i ma-ni-fe-stanti. Massacrati quelli della rete Lilliput in piazza Manin dalle 15.00 del pomeriggio in poi e massacrati, il corteo dei disobbedienti, che era autorizzato, e colpito in via Tolemaide. Poi c’è un altro fatto. Certo i manifestanti, in questo caso i disobbedienti, rispondono con un po’di violenza, sacrosanta, ai carabinieri che li hanno ingiustamente caricati. E questa cosa che sto dicendo è scritta nella sentenza sia di primo grado e riconfermata in appello, del tribunale di Genova che ha giudicato i 25 manifestanti. VIDEO: In migliaia a Genova per ricordare il G8.
Tutti dovrebbero leggere queste interviste. Non dimentichiamo Genova né Carlo né tutti quelli che erano con lui a sognare un mondo migliore.
Grazie Haidi.
Giuliano Giuliani sei uno psicopatico vedi infiltrati dappertutto se ci fosse ancora tuo figlio l’estintore lo tirerebbe a te.
Grazie Haidi.
Giuliano Giuliani sei uno psicopatico vedi infiltrati dappertutto se ci fosse ancora tuo figlio l’estintore lo tirerebbe a te.
mi dispiace per suo figlio, ma se l’è cercata…
Se avesse letto con più attenzione il dossier sui 10 anni dal G8 probabilmente non parlerebbe con così tanta avventatezza.
mi dispiace per suo figlio, ma se l’è cercata…
Se avesse letto con più attenzione il dossier sui 10 anni dal G8 probabilmente non parlerebbe con così tanta avventatezza.
ho letto tutto, mi sono documentato, ma non accetto che una persona, col passamontagna, con un estintore da 5 kg intento a colpire e a mettere a repentaglio la vita di una forza dell’ordine, sia considerato un martire e/o eroe e che gli sia dedicata una piazza!
Ripeto, mi dispiace per la morte, ma se l’è cercata…
Buongiorno,
credo che la frase “se l’è cercata” tradisca una mancata comprensione di come si svilupparono i fatti in quelle tragiche giornate. Il contesto in cui Giuliani trovò la morte fu causato da una carica illegittima delle forze dell’ordine a un corteo autorizzato, sino a quel momento pacifico. In quei momenti, si scatenarono le dinamiche di una guerra di strada, con due fazioni in campo, entrambe fautrici di violenza. In quel caso non le saprei francamente dire se le forze dell’ordine agissero con legittimità proprio perché si trovarono ad affrontare una situazione che era degenerata proprio per colpa di un loro intervento abusivo. Un processo sulla morte di Giuliani avrebbe sicuramente aiutato a dipanare meglio e con certezza processuale quello che effettivamente successe in quei minuti. Per quel che riguarda la verità storica, ognuno dei manifestanti presenti si è fatto da anni la sua idea indelebile. Cordialmente Fabrizio Dentini
ho letto tutto, mi sono documentato, ma non accetto che una persona, col passamontagna, con un estintore da 5 kg intento a colpire e a mettere a repentaglio la vita di una forza dell’ordine, sia considerato un martire e/o eroe e che gli sia dedicata una piazza!
Ripeto, mi dispiace per la morte, ma se l’è cercata…
Buongiorno,
credo che la frase “se l’è cercata” tradisca una mancata comprensione di come si svilupparono i fatti in quelle tragiche giornate. Il contesto in cui Giuliani trovò la morte fu causato da una carica illegittima delle forze dell’ordine a un corteo autorizzato, sino a quel momento pacifico. In quei momenti, si scatenarono le dinamiche di una guerra di strada, con due fazioni in campo, entrambe fautrici di violenza. In quel caso non le saprei francamente dire se le forze dell’ordine agissero con legittimità proprio perché si trovarono ad affrontare una situazione che era degenerata proprio per colpa di un loro intervento abusivo. Un processo sulla morte di Giuliani avrebbe sicuramente aiutato a dipanare meglio e con certezza processuale quello che effettivamente successe in quei minuti. Per quel che riguarda la verità storica, ognuno dei manifestanti presenti si è fatto da anni la sua idea indelebile. Cordialmente Fabrizio Dentini