Gli effetti del proibizionismo: la Fini- Giovanardi a Genova. A cura di Carlos Rafael Esposito.

Manifesto antiproibizionista online.

L’Italia è un paese dove tutto è al suo posto. Abbiamo delle istituzioni che ci governano, dei rappresentanti che si fanno garanti dei nostri interessi, dei dibattiti televisivi che sottolineano le incongruenze fra le nostre aspettative e la condotta politica generale. Il minimo democratico sembra essere garantito, come lamentarsene allora? E pur tuttavia può capitare al vostro giornalista blogger di provare inaspettatamente un groppo alla gola, un brivido alla schiena che stringe i fianchi per sfiancare le gambe.

L’Italia è un paese dove tutto è al proprio posto. Ci sono le strade, i cavalcavia, i binari del treno, i regionali, gli autogrill e le pompe di benzina. Tutto come dovrebbe essere. E come ci meritiamo che sia.

L’Italia è un paese al suo posto, all’estremità inferiore di un continente dal nome Europa. I popoli europei ci guardano con ammirazione, pietà e volontà di non essere al nostro posto. Per quale motivo?

Perché l’Italia ha perso il buon senso.

Questo articolo nasce da un’intuizione, un momento di lucidità che deve cogliere il giornalista nel mentre del suo percorso giornaliero e portarlo a riflettere sulla società in cui vive. Sono stato recentemente in Spagna per lavoro e vedendo un popolo tanto vicino, fraterno al nostro, non ho potuto non domandarmi come fosse possibile affrontare in Spagna il discorso cannabis con tanta serenità, rispetto all’isteria diffusa presente nel nostro paese. Se lo fanno gli spagnoli non sarebbe possibile anche in Italia trovare alternative alla repressione, nel campo del consumo di stupefacenti e nel particolare della cannabis e dei suoi derivati, cercando di fare meno danni di quelli che si vorrebbero risolvere, al contrario di ciò che invece avviene tutt’ora?

L’idea che ho avuto è la seguente: andare a verificare che tipo di conseguenze comporti l’applicazione della legge Fini Giovanardi per i cittadini genovesi.

Una legge che nel concreto prevede un inasprimento delle sanzioni relative alla produzione, traffico, detenzione illecita ed uso di sostanze stupefacenti, e che si caratterizza per la contestuale abolizione di ogni distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Che risultati ottiene questa normativa? Cosa emerge dalla sua applicazione? Chi sono le persone che si trovano ad avere a che fare con le sempre più fitte maglie dell’approccio politico al mondo della droga?

A Genova i giovani di età compresa fra i 14 e i 24 anni sono circa 52 mila, mentre gli anziani con un’età superiore ai 65 anni sono circa 164 mila. Questo semplice dato statistico potrebbe implicare che la portata dell’impatto della Legge Fini Giovanardi possa avere a Genova un riscontro minore rispetto ad altre città nelle quali la popolazione giovanile, quella che si presuma faccia maggior uso di cannabis e derivati, abbia un maggiore sviluppo.

Sequestro. Foto tratta da Riviera 24.it

Leggendo la cronaca cittadina dei principali giornali locali, il quadro che emerge è il seguente: nei primi dieci mesi del 2009 sono stati arrestati, fermati, sorpresi a produrre, consumare o trafficare cannabis e derivati circa 100 persone. Sono stati sequestrati complessivamente 1421 Kg circa di sostanza stupefacente, da suddividere però su due livelli.

Il primo livello può essere considerato quello dello smercio al dettaglio: sono stati circa 50 i sequestri di piccole quantità, per un totale di quasi 4 kg sequestrati, mentre al secondo livello, i sequestri eseguiti all’ingrosso, cioè le operazioni condotte nell’ambito portuale o comunque le confische di ingenti quantità che facciano pensare ad un mercato di riferimento extra genovese sono stati meno di 20.

Che considerazioni si possono trarre da questo bilancio?

Innanzitutto a causa della Legge Fini Giovanardi sono state fermate, segnalate, arrestate circa 10 persone al mese per dieci mesi. Considerando che l’ultima relazione annuale del Parlamento sulle tossicodipendenze attesta che fra i giovani sotto i 19 anni la cannabis è la sostanza più diffusa e che fra di loro, il 40,1% dichiara di averla provata, a Genova su circa 23 mila ragazzi con meno di 19 anni almeno 10 mila ragazzi hanno fumato cannabis e derivati durante la loro vita. Questo significa che nonostante la repressività delle legge in questione (che alza fra 6 e 20 anni la detenzione per chi coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta cannabis e derivati), si sia colpito solo un minuscolo segmento delle persone che compongono quotidianamente il mercato del consumo di droghe leggere.

La legge ha dei connotati terrorizzanti, apocalittici e allo stesso tempo non sembra però riuscire ad arginare un fenomeno che è talmente diffuso e trasversale che pare inarrestabile come la minigonna negli anni ’70.

Un’altra considerazione sullo smercio all’ingrosso. Attraverso Genova transitano ogni giorno merci provenienti e dirette in tutto il mondo, controllarle tutte è impossibile, servirebbe un esercito. I sequestri effettuati risultano gioco forza essere il prodotto di soffiate che ottengono quindi un doppio risultato, il primo, far passare i carichi di stupefacente più ingenti, il secondo dare alle forze dell’ordine un po’ di lavoro e la facile riconoscenza dei cittadini che non si interrogano su queste dinamiche, ma che vedono al TG regionale un’altra operazione a buon fine condotta dalle forze dell’ordine.

1421 Kg sono comunque tanti. Ma nell’ambito del traffico internazionale non rappresentano che una bazzecola, un nonnulla, i rischi del mestiere, un carico perso che permette il passaggio di ben altre quantità. Se fossero state meglio informate infatti le forze dell’ordine avrebbero potuto benissimo compiere un sequestro analogo in un solo colpo. Il rifornimento è ininterrotto. E le soffiate chiaramente mirate.

Della totalità delle persone segnalate e arrestate poi, un quinto ha meno di venti anni. Che significa ciò? Semplicemente aver creato un contatto fra dei ragazzi che potevano fumare per trasgressione o per curiosità e il circuito penale, il mondo del carcere, contatto che si ripercuote sulle vite di adolescenti e sulle loro famiglie, ma che pro?

Si è sicuri di ottenere in questo modo un adeguamento positivo per la salute o per la pubblica morale? Lo Stato poi, ha diritto di interferire nella condotta morale del privato cittadino? Si consideri che recentemente al convegno dei volontari in ambito penitenziario, le denunce del giudice di sorveglianza di Perugia, Canevelli, e del direttore del carcere “Lorusso-Cotugno” di Torino, Buffa danno nuova luce a questi arresti: “Sui 94 mila ingressi del 2007, 29 mila sono usciti entro 3 giorni. E’ questo lo scandalo della giustizia penale: il sistema penitenziario non regge le pene brevi”. E Buffa prosegue: “Siamo passati dalla detenzione penale a quella sociale. Se abbiamo uno dei più alti tassi di sovraffollamento d’Europa è a causa di una politica che preme sul carcere con varie ondate emergenziali.

E che ruolo abbia la Fini Giovanardi in questa logica è ben chiaro, questa legge manda in carcere persone che non sono pericolose, e infatti escono spesso dopo due tre giorni, ma lascia traccia dentro di loro, soprattutto se giovani, di un senso d’ingiusta punizione perché risulta del tutto inutile reprimere dei comportamenti che non sono percepiti come criminali, si ottiene solo di incrementare il senso di rivalsa  e disillusione così diffuso fra i giovani italiani.

In Italia insomma si è costretti ad affrontare tutta una serie di problemi che vengono creati ad hoc dalla classe politica, creati, per tenere sotto controllo la fascia giovanile della popolazione, e non per risolvere il problema del consumo di stupefacenti, in questo caso cannabis e derivati.

L’Italia è sempre al suo posto, ma nessuno vieta di vederci, percorrendo la via dell’evidenza negata, e del disastro creato e poi dissimulato, galleggiare prima o poi alla deriva in mezzo al Mediterraneo. Con nessuno che ci accoglie e nessuno che ci aspetta.

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