Derby: postumi di giustizia irrazionale.

Adesivo contrario alla tessera. Piazza Piccapietra.

Il calcio è lo sfogo sociale del sub conscio collettivo. Il calcio è il pane quotidiano dell’italiano medio, il bar, la colazione, la Gazzetta o la pagina sportiva del quotidiano locale. Un modo di essere e di rapportarsi al mondo con una priorità indiscussa: la fede calcistica. Come tutte le fedi, anche quella sportiva si basa su un sostrato essenzialmente irrazionale, una passione viscerale che, sin da bambini, prende lo stomaco quando la propria squadra scende in campo. Il derby atteso con profonda ansia sportiva è stato giocato. Quali conseguenze hanno avuto nell’opinione pubblica gli scontri prima della partita? Quali reazioni hanno prodotto da parte delle istituzioni? A chi serve la tessera del tifoso? Che funzione hanno i DASPO? E’ necessaria un ulteriore  militarizzazione del campionato di calcio?

Primo, gli ultras arrestati sono automaticamente diventati dei mostri in prima pagina. In questa società non si vede l’ora di piazzare l’esasperazione comune e la frustrazione addosso al primo che sbaglia, subito crocifisso alla gogna mediatica. Certo andare a scontrarsi con le forze dell’ordine non è un hobby condiviso dalla maggioranza dell’opinione pubblica, ma questo non toglie che voler affibbiare il reato di associazione a delinquere ai tre arrestati per motivi di ordine pubblico sia un’eccessiva attribuzione di importanza ad un reato che si manifesta da sempre attorno all’ambiente calcistico. Con l’associazione a delinquere si elevano a reati associativi, quindi di gravità assoluta, reati di stampo comune, che in questo momento diventano però capri espiatori per simboleggiare come la legge, tanto evasiva nel punire in altre circostanze, sia inflessibile contro chi ha la sfortuna di trovarsi colpevole, in un momento nel quale i colpevoli si cercano a peso d’oro.

Le immagini su circospetto.net ci raccontano parte degli scontri, gli articoli della stampa cittadina ci hanno riportato le opinioni degli abitanti di Marassi in ostaggio dello stadio, ma cosa crea questa voglia di violenza in parte delle tifoserie italiane? La vita sociale, il mondo del lavoro sono le chiavi di questi fenomeni, la rabbia del disoccupato e del precario, che sfogano la propria impotenza in turbini di rivolta contro lo Stato, principale colpevole della condizione in cui versano i lavoratori italiani. Le responsabilità stanno a monte, è in un certo senso si possono leggere sotto questo aspetto le parole di Francesco Lalla, procuratore capo del Tribunale di Genova: «Manterremo una linea di forte severità, per chi partecipa a tafferugli come al derby. Ma non spetta a noi il compito della prevenzione».

Ultras no politica. Uno slogan che descrive i sentimenti degli appartenenti a queste frange di tifosi. Rifiuto della politica perché colpevole, attacco alle forze dell’ordine perché terminali repressivi di un sistema che non lascia margine di libertà all’individuo, se non nella stretta contingenza fra un lavoro senza futuro e un futuro senza lavoro. E senza lavoro non si campa e non si ha diritto a campare. La legislazione specificamente discriminatoria sull’immigrazione ne è esempio lampante.

Il Luigi Ferraris

In particolare gli scontri prima del derby trovano le loro ragioni nelle avversità fra le due tifoserie cittadine, rivalità e odio sportivo, ma al di sopra di questo, entrambe le tifoserie sono unite dall’ostilità verso il calcio moderno: il calcio dei soldi e della pay tv, il calcio degli obblighi finalizzati proprio alla marginalizzazione delle fasce più estreme. Tornelli, filtri all’ingresso della zona dello stadio, divieto di somministrazione di alcolici, steward onnipresenti che controllano i biglietti, tessera del tifoso, che nelle intenzioni dell’Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive avrebbe lo scopo di fidelizzare il rapporto fra società sportiva e il tifoso. Entrare senza biglietto è diventato un fatto gravissimo, come testimonia l’inversione di tendenza del nuovo questore Piritore che commissiona DASPO  a tutto spiano a chi cerca di scavalcare. Come se ai tempi dei cinema si fossero colpiti con altrettanto severità i ragazzini che senza soldi entravano dalle porte secondarie. Ma a quei tempi esisteva ancora il buonsenso. Non ci si doveva accanire su queste piccolezze per dimostrare il proprio potere. Adesso invece, che l’autorità del potere vacilla, è buona regola essere forte coi deboli e calcare la mano appena se ne presenta la situazione.

Andare allo stadio è diventata una questione complicatissima, alla quale la sola fede sportiva, appunto irrazionale, può far fronte: senza che istituzioni statali speculino sulla fidelizzazione del tifoso alla propria squadra. La vera fedeltà è continuare ad andare allo stadio sotto condizioni restrittive particolarmente fastidiose in un momento di festa come dovrebbe essere la partita della domenica. Si obietterà che queste misure sono necessarie proprio per contrastare i violenti, ma visto quel che è successo prima del derby, siamo sicuri che siano davvero efficaci? Sembrerebbe che la tessera serva poi per scremare i tifosi violenti dai tifosi ufficiali, chi ha un DASPO in corso ovviamente non potrà ottenerla, ma non basta e avanza dover firmare tutte le domeniche in questura, quando la propria squadra gioca in casa, che c’entra condizionare anche tutti gli altri tifosi?

Nel caso dei DASPO commissionati a chi scavalca, per fede, senza biglietto, non sembra poi una punizione eccessivamente spropositata? Etichettare i tifosi come ufficiali, solo se in possesso di tessera, discrimina tutti quelli che per principio le sono contrari, perché la ritengono un’indebita intrusione nel rapporto personale con la propria squadra. Mettere leggi, creare nuovi obblighi, rendere sgradevole e falsificato uno dei pochi  momenti rimasti di festa e spontaneità popolare, da un lato non sembra ottenere i risultati sperati, dall’altro conduce solo a maggior risentimento in un mondo, quello del calcio, che di per sé convoglia comunque il malessere di una società pronta a reprimere e mai a prevenire le situazioni di disagio.

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4 risposte a “Derby: postumi di giustizia irrazionale.”

  1. Purtroppo tutto vero, la loro è la classica reazione di chi non è in grado di gestire situazioni e problemi.
    a volte mi domando se stiamo tornando nel medioevo..(riferito all’ italia).

    1. La situazione degli scontri, diventa ancora più grave se vista attraverso l’ottica della questura. Infatti le modalità con le quali le due tifoserie si sono scontrate sono le stesse dell’ultimo derby in cui ci furono scontri: corteo di genoani autorizzato, contatto con i doriani, botte da orbi. Perché la questura non ha impedito che le due tifoserie venissero a contatto? In fondo bastava non fare passare il corteo dei genoani da Corso De Stefanis e un’istituzione che si occupa di ordine pubblico, non dovrebbe aver problemi in questo senso. Sarà mica che questi scontri invece sono stati provocati a tavolino per incrementare le già drastiche misure di sicurezza, dando ragione a chi sui media sponsorizza come unica salvezza la tessera del tifoso?

  2. Purtroppo tutto vero, la loro è la classica reazione di chi non è in grado di gestire situazioni e problemi.
    a volte mi domando se stiamo tornando nel medioevo..(riferito all’ italia).

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