Chi è il clandestino?

Mentre il mondo della politica fibrilla per le elezioni amministrative e quello dei media lo puntella a ruota (ansimante per non perdersi ogni sfaccettatura della becera contrapposizione elettorale) nel cuore dell’Italia del nord est, nella città di Padova, si verifica in questi giorni un esempio di quanto la situazione degli immigrati tunisini sbarcati fra il primo gennaio del 2011 e il 5 aprile, (quelli che cioè hanno diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari) sia ben lontana da una soluzione civile, degna di un paese occidentale.

Circa una trentina di ragazzi tunisini fra i venti e i trenta anni con l’aiuto degli attivisti delle Brigate della solidarietà attiva,  hanno occupato una scuola, la ex Gabelli. Perchè?

E’ qui che comincia questa storia per capire chi sia il clandestino in questo paese delle elezioni permanenti.

Partiamo dalle istituzioni, il Prefetto Ennio Mario Sodano sul Mattino di Padova del 17 maggio affermava:

Da lì se ne devono andare. Se si fa di testa propria non si può poi pretendere di essere aiutati prima degli altri. I migranti lì non possono rimanere.

La questura di Padova afferma che dei tunisini presenti nella scuola solo 5 sono stati regolarizzati dalla stessa questura cittadina e allora il prefetto prosegue:

i 5 regolarizzati a Padova già nelle prossime ore verranno sistemati in qualche struttura ( ndr. non cita nemmeno in quale, sebbene si dovesse procedere nelle ore successive), per gli altri il mio consiglio è che ritornino nelle provincie dove hanno ottenuto il permesso di soggiorno.

Il prefetto Sodano, rappresentante delle istituzioni, dimentica, omette o semplicemente scorda che i permessi di soggiorno rilasciati dal Governo con decreto del Presidente del Consiglio Berlusconi, non vietano a chi li riceve di muoversi sul territorio nazionale, tutt’altro: valgono per circolare in tutta Europa e costituiscono una forma di protezione che permette a chi ne è in possesso di cercare lavoro senza dover limitare le proprie ricerche alla zona dove la regolarizzazione è stata effettuata. Che se poi è il sud Italia l’offerta di lavoro non vale certo facilmente un’assunzione in regola e quindi l’opportunità di convertire il permesso da umanitario a lavorativo. Bel consiglio Sodano. Bel consiglio proprio. Sei mesi di lavoro nero, ritorni irregolare e poi il consiglio di Sodano mi permetto di pronosticare sarà: “E adesso vi consiglio di tornare a casa figlioli.”

A prescindere ora, dai consigli inopportuni del Prefetto Sodano, rimane il fatto che in Italia il sistema di welfare resta assolutamente inadeguato ai mutamenti che intercorrono nella nostra società.

Chiunque cerchi un sussidio, una tutela, un’elemosina dello stato sociale – briciole di un debito pubblico pluridiagnosticato e mai curato- riceve in cambio un invito a non sprecare il proprio fiato. Quando non sono manganellate. Da una parte i precari con le loro affezionatissime pezze firmate e dall’altra gli immigrati che le pezze le hanno lo stesso, ma non di marca. Per questi signori lo stato non ha risposte. E alla luce di quel che succede, la classe politica evidentemente non ha motivo di ricercarle o andarle a cercare nella disperazione altrui.

Comunque, nel concreto, tornando ai ragazzi di Padova, lo stato da questo permesso per motivi eccezionali, e poi volta le spalle elegantemente e succeda quel che succeda, lasciati soli a se stessi, senza soldi, rifugio e vestiti.

Ecco allora le loro storie, gli stralci più recenti, per capire chi sia il clandestino:

soggetto oggetto di attenzioni specifiche in nome della sicurezza della collettività o istituzione soggetta a ondivaghe e schizofreniche giravolte che si assenta nel momento del bisogno.

Saddam.

Sono Saddam. In Italia ci sono molti razzisti.

Io mi chiamo Saddam, sono nato nel 1991 e vengo da Gafsa. Sono partito da Sfax e arrivato a Lampedusa dopo 17 ore di mare. La barca era di dieci metri ed eravamo in 47 persone. Il biglietto costa 1300 dinari (750 euro) e in Tunisia ne guadagniamo 200-250 al mese, di dinari. In Tunisia andavo a scuola anche se non mi piaceva molto. Era una scuola per elettrotecnici e meccanici. Anche mio fratello Gait che ha 25 anni è meccanico, invece mia sorella Amira, di 28, insegna inglese, è una professoressa. Il problema per noi è che non abbiamo soldi per mangiare, non lavoriamo, non abbiamo casa, ma vogliamo rimanere in Italia, quando ero in Tunisia vedevo l’Italia come un posto bello e invece è una merda, ci sono molti razzisti.

Mohamed.

Mia sorella Houyem mi ha dato questo perché Dio possa pensare a me.

Mi chiamo Mohamed ed sono nato nel 1983. E’ dal 2000 che volevo venire in Italia. E’ stata la mia famiglia a darmi i soldi per il viaggio. Ho tre fratelli e tre sorelle, i miei genitori sono morti.  Siamo partiti da Sfax e siamo stati in mare per 30 ore. Abbiamo sbagliato rotta, per fortuna in mezzo al mare abbiamo incrociato dei pescatori, tunisini e italiani che ci hanno indicato la direzione per Lampedusa. Eravamo senza acqua né cibo. A questo ora saremmo tutti morti.

In Tunisia vendevo frutta e verdura al mercato. Mio fratello è a Padova da un anno e mezzo, sono venuto qui e lui mi ha dato un pò di soldi per le sigarette e dei vestiti puliti.

Sono qui per lavorare e per aiutare la mia famiglia, poi vorrei farmi anche operare all’occhio. Costa 1900 euro. Il mio permesso di soggiorno scade il 30 ottobre prossimo.

Taher Megdi.

Mi chiamo Taher Megdi ho venti anni.

Mi chiamo Taher Megdi ho 20 anni e sono di Al Mitlawi, vicino a Gafsa. Ho il diploma come magazziniere per lavorare con i bagagli nel porto. Però in Tunisia non lavoravo e così sono venuto qui. E’ stata mia sorella a darmi i soldi per il viaggio. Lei è infermiera. Adesso voglio lavorare per aiutare la mia famiglia.  In Tunisia dalle 19 di sera c’è il coprifuoco: solo la polizia e i militari possono circolare.

Pronti a vivere per lavorare, speranzosi di poter un giorno lavorare per vivere, come i propri coetanei italiani, questi ragazzi attendono solo di poter guadagnare il pane per se stessi e per la propria famiglia con il laborio delle loro giovani braccia: dopo quello che hanno passato nulla li spaventa.

E a dirla tutta a loro è andata molto meglio di tutti quelli che sono in Italia da anni, irregolari, perché non rientravano nei parametri delle cicliche sanatorie o perché per varie vicissitudini hanno perso il lavoro senza riuscirlo a ritrovare entro i sei mesi previsti dalla Bossi- Fini. I ragazzi della ex scuola Gabelli almeno adesso hanno una possibilità: se trovano un contratto in regola possono entrare nella prospettiva della residenza regolare, in caso contrario non c’è motivo umanitario che tenga. Tornate da dove siete venuti, recita il non detto della legislazione sull’immigrazione. Come il consiglio da me pronosticato facendo le veci del Prefetto Sodano.

Protezione umanitaria: ad interim.

E allora chi è il clandestino?

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